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Bivacco Capanna Dosdè 2.824 m. – Lago Negro 2.580 m.
(Italia – Valtellina – Val Grosina)
sentiero ben tracciato fino al Lago Negro, poi arrampicata tra pietraie, grossi massi e nevai dove ci si aiuta anche con le mani

bivacco capanna dosde

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Località di partenza:
Eita, Val Grosina

Quota di partenza: 1.698 m.
Quota di arrivo: 2.824 m. 
Dislivello: 1.126 m.

Posizione: al Passo Dosde’, tra la Cima Viola e la Cima di Saoseo
Difficoltà: E (fino al lago Negro), EE (dal lago Negro alla Capanna Dosdè) [scala dei livelli delle difficoltà]
Ore: 7h 30’ a/r
Periodo: da metà giugno a fine settembre
Attrezzatura richiesta: classica da trekking
Discesa: per la via di salita
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli

Non ho fatto in tempo a riposare che già sto ripartendo, non ne ho avuto abbastanza.
Ma di queste valli e di queste montagne non ne ho mai abbastanza.
Sono di nuovo in auto e mi sto dirigendo verso la Val Grosina e precisamente a Eita.
Al ritorno dalla mia precedente escursione al Passo di Verva, ero stato attratto da quelle indicazioni collocate
nei pressi del Rifugio Eita che puntavano verso un’altra valle laterale un po’ nascosta, la Val d’Aveto.
Non potevo resistere, non potevo non tuffarmi anche in questo ambiente.
Non ero ancora sceso che la mia mente viaggiava già verso questa prossima meta, immaginando i posti bellissimi
che vi avrei trovato.
E così eccomi qui a ripercorrere la stretta stradina fino a questa bella piana da cui tra poco partirò per questa avventura.
Ormai a guidare su queste strade ho fatto un po’ l’occhio.
Certo è che in alcuni punti se scendesse un’altra auto…..
La giornata è un po’ sul chi va là, come si dice, nel senso che le previsioni che ho guardato ieri sera erano ottime,
ma invece di sole qui ce n’è proprio poco.
Nuvoloni chiari e scuri si addensano sulle cime dei monti, ed essendo solo mattina presto non è il
massimo per stare tranquilli.
Dopo essermi fermato di nuovo a Fusino per pagare il pedaggio e aver affrontato strettoie e tornanti vari,
giungo in uno spiazzo verde qualche centinaio di metri prima di Eita e qui parcheggio.
Sulla sinistra, infatti, parte la strada a tratti asfaltata, e a tratti sterrata, che si sviluppa verso la Val d’Aveto e,
siccome non c’è nessuno, non ha senso salire fino al parcheggio del rifugio per poi tornare indietro.

Ho studiato attentamente la cartina di questa valle e non salgo senza una meta.
Ho infatti individuato un bel bivacco in una delle zone più impervie e sperdute, la Capanna Dosdè, posta a 2.824 metri
sullo spartiacque tra la Val d’Aveto e la Val Viola.
Per raggiungere questo luogo il sentiero si fa largo tra alpeggi, cascate, laghi e canaloni detritici.
Data l’enorme varietà di ambienti e paesaggi, non ho dubbi quindi che anche questa sarà una gita molto interessante
sotto tutti i punti di vista, con un’unica incognita: il meteo.
Mi incammino all’ombra di un bel bosco di abeti che ogni tanto si dirada lasciando spaziare lo sguardo su alpeggi verdissimi,
e versanti boscosi severi e impervi.
Mi colpisce l’alpeggio col piccolo borgo dell’Alpe Avedo posto poco sotto la strada che sto percorrendo.
Poche case in muratura ottimamente tenute e abitate nel periodo estivo, in una conca verde e rigogliosa.
Un posto grazioso e ameno.
Continuo a salire alternando tratti in piano con strappi un po’ più duri.
Tengo alla sinistra il torrente Avedo che esce dai laghi più a monte, e in diversi punti forma piccole e grandi cascate
in una gola in mezzo alla vegetazione.
Dopo qualche curva e un piccolo guado dov’è posta una passerella di ferro, arrivo in località Stabine dove trovo
una baita isolata e ora chiusa.
Mi fermo un attimo dato l’ampio panorama sulla Val Grosina che da qui posso ammirare in tutta la sua bellezza.
Attraverso timidi raggi di sole, spiccano verso il cielo le cime di Fo e Storile che, dalla parte opposta, si
affacciano sull’abitato di Sondalo.
Improvvisamente, dopo un’ultima curva, la salita finisce di colpo e mi ritrovo su un vasto pianoro dove poco più
avanti sulla destra vedo l’Alpe Vermulera.
Anche qui poche case in pietra tenute in modo maniacale, con ampi spazi verdi, piccoli recinti, fiori alle finestre e
una tipica fontanella poco di fronte.
Questo luogo appartato riesce ad incantarmi e a distrarmi, fisso queste case pensando a come sarebbe bello se
mi trasferissi qui tutto l’anno, (anche se so che queste valli sono disabitate d’inverno).
Incontro un pastore col suo cane intento ad abbaiarmi al mio passaggio, mentre degli asinelli comodamente
seduti sull’erba a prendere il fresco del mattino mi osservano curiosi.
Poco oltre l’alpeggio svolto su un ponticello portandomi in destra orografica della valle.
La piana qui termina, sotto un brusco salto di roccia, dove nel mezzo, una gola è solcata dalle acque del
torrente Avedo che qui forma altre piccole cascate.

Il sentiero in questo punto si restringe, e procedo affrontando una bella salita tra mughi, mirtilli e rododendri.
Poco sopra supero un piccolo guado, e dopo le ultime rampe arrivo sulle sponde di uno dei laghi di Tres dove,
nei dintorni, si trovano anche delle baite.
A dispetto del loro nome, i laghi qui sono due (forse un tempo c’era un terzo) e sono magnifici.
Nelle loro limpide acque si rispecchiano, o dovrebbero rispecchiarsi data la copertura nuvolosa di oggi,
il Pizzo Matto e il Dosso Sabbione.
Dopo una breve sosta nella quale ne approfitto per immortalare questi luoghi, attraverso nuovamente il torrente su
un piccolo ponte di cemento, e seguo il sentiero che inizia a salire tra erba e pietre sui pendii del gruppo
di Lago Spalmo e della Cima Viola, fino a portarsi nell’alta Valle di Avedo.
Solo a tratti vengo investito dai raggi solari, il meteo sembra proprio non volerne sapere di migliorare, un vero peccato.
Più salgo e più questi monti sono avvolti da dense nubi che mi costringono a tenere un occhio quasi fisso su di loro.
E dire che le previsioni davano sole pieno per tutto il giorno!
Un ultimo tratto a mezza costa un po’ impervio, mi porta fino alla curva dietro alla quale non vedrò più i laghi di Tres,
almeno per questa mattina.
Un’ultima foto dall’alto mi consente di fissare il ricordo del colore azzurro di queste acque, davvero splendido!
Svoltato l’angolo rimango spiazzato da ciò che vedo.
Una lunga valle, un lungo corridoio glaciale dalla tipica forma a U, che si perde in lontananza in un ammasso di nubi
confuse (che non ci dovrebbero proprio essere).
Al posto di queste, in teoria, dovrei vedere le Cime di Saoseo, ma in questa giornata non mi è possibile.

Questo luogo viene chiamato Pian del Frec’, ovvero Piana del Freddo.
A dispetto del nome, se non altro, oggi non c’è una temperatura rigida.
Il paesaggio però, rigoglioso e verdeggiante fino a poco fa, è completamente cambiato e ora la valle mostra
il suo lato più aspro e selvaggio.
Sembra proprio un luogo isolato e abbandonato dove non transita quasi nessuno.
Il mio avanzare non è faticoso, tutt’altro, e lo sviluppo del sentiero è lineare e agevole.
Mi sento costantemente osservato da queste cime altissime che ho ai miei fianchi, un luogo forse spettrale che,
scesa la sera, mette certamente i brividi.
Arrivato in fondo a questo rettilineo supero un altro gradino glaciale e arrivo sulla riva del Lago Negro.
Mai nome fu più azzeccato.
Da qualsiasi posizione lo guardi, le sue acque mi appaiono sempre piuttosto scure e quasi nere.
È un bel bacino, certamente non piccolo, che dà quel tocco in più a queste valli di alta montagna.
Sono costantemente avvolto in nuvoloni scuri che costantemente tengo d’occhio.
Ammetto di essere stato più volte indeciso sul da farsi, se proseguire o tornare indietro.
Sono qui da solo, durante il percorso non ho incontrato nessuno, pastore di Vermulera a parte, ed essere sorpresi a
queste quote da un temporale. non è il massimo.
I brevi momenti in cui le nubi scompaiono e lasciano filtrare i raggi solari però mi danno fiducia.
Non desisto e vado avanti, continuando a seguire i bolli bianco-rossi che mi portano a percorrere la riva sinistra del lago
fino al suo termine dove in un punto imprecisato, guardando in alto alla mia destra, le nubi lasciano apparire la
mia meta, la Capanna Dosdè.
Il bello è che lassù il cielo è di un azzurro intenso e non ci sono nuvole!
Metto una marcia in più e giungo all’estremità opposta del Lago Negro dove lo scenario cambia ancora e,
se possibile, diventa ancora più selvaggio e lunare.

Da qui dovrei godere di una vista stupenda sulla Cima Viola, che oggi però si vuole nascondere dietro veli di nebbia sottili.
La traccia quasi scompare, ma per fortuna ogni tanto c’è ancora qualche bollo da seguire.
Qui è tutto un labirinto di pietre e grossi massi che sembrano arrampicarsi su per questi dossi morenici.
Devo fare attenzione ad incastrare bene i piedi, più che altro per non prendermi qualche storta inutile e, nel mentre,
non devo perdere di vista gli ometti, anche se la linea di salita è logica.
Avanzo molto lentamente, la pendenza aumenta.
Supero un nevaio e continuo ad avanzare scavallando massi su massi con l’aiuto delle mani.
Quando per un attimo alzo gli occhi. mi compare davanti una donna intenta a scendere e a percorrere la
strada opposta alla mia.
Non è italiana, sembra inglese e sembra essere in giro da più giorni.
Lo capisco dalle domande un po’ confuse che mi pone per raggiungere varie località.
Dopo una breve chiacchierata e i saluti di rito, riparto senza nemmeno accorgermi di essere ancora sulla traccia
che improvvisamente è ricomparsa, e che seguo subito.
Sempre sotto una cappa densa di nubi, arrivo sulle sponde di due laghetti senza nome, quasi invisibili ed effimeri.
Cammino quindi lungo un tratto di pietraia apparentemente più comodo, a mezza costa, risalendo adagio
fino al Passo Dosdè prima puntando a destra e poi tagliando a sinistra.
È fatta, obiettivo raggiunto e per giunta qui mi ritrovo sotto ad un bel sole!

Mi dirigo subito a visitare l’interno della Capanna Dosdè, ubicata a pochi metri dal passo e dalla storia quantomeno curiosa.
Il bivacco è stato infatti costruito nel 1890 dalla sezione del CAI di Milano e per questo progetto si sono spesi ben 2.200 lire.
È stato ristrutturato nel 1955. e poi nel 1982 quando l’acquistò il CAI di Bormio.
L’interno è molto curato.
Ci sono 12 posti letto dotati di coperte e materassi, disposti su brandine “a castello”, e per raggiungere le più alte,
è necessario salire per le scalette di legno infisse alle pareti.
Io ci ho provato per curiosità, e devo dire che è quasi più dura salire da qui, che per l’intero percorso, alpinismo al bivacco!
C’è poi un tavolo, delle panche, un fornello, una bombola di gas, stoviglie e una cassetta di pronto soccorso.
Un cartello infisso ad una parete, ricorda otto regole fondamentali prima di lasciare il bivacco, regole che vanno
dallo spegnimento della bombola del gas, alla chiusura delle porte e ancora allo smaltimento dei propri rifiuti
(da portare sempre a valle, è bene ricordarlo).
Dopo aver mangiato qualcosa esco all’aria aperta, e mi porto verso la croce di legno posta poco distante, dalla quale ho
una bellissima visuale anche sull’opposta Val Cantone, dominata dal Corno di Dosdè, che più a valle confluisce
nella Val Viola dove si trova anche il Rifugio Federico in Dosdè.

Una bella discesa che si ricollega ad un’altra escursione che ho fatto in questa valle, (al Rifugio Dosdè e
al Bivacco Caldarini) e che si potrebbe affrontare organizzandosi preventivamente con un’auto o coi mezzi per il rientro.
Da questa parte il cielo è migliore!
Tra una foto e l’altra, con la mia mente che è persa a contemplare questi luoghi, sopraggiunge anche il primo pomeriggio
e con esso l’ora di scendere.
Mi accingo allora ad affrontare nuovamente il canalone disseminato di massi ma, stranamente, in discesa
lo trovo un po’ più agevole.
Le nubi non mollano, a volte diventano più nere, a volte si diradano un po’ ma quando arrivo al Lago Negro,
mi attende una compatta copertura nuvolosa che continua a tenermi sulle spine.
Spero non si apra ora il rubinetto, (o peggio si accumuli elettricità), e intanto proseguo a ritroso il mio cammino.
Solo ai laghi di Tres vedo riaffiorare il sole e capisco che ormai è quasi fatta, oggi non mi bagnerò.
Ho ancora un po’ di tempo prima dell’arrivo della sera e me la prendo comoda.
Che fretta c’è di allontanarsi da luoghi come questi?

Mi siedo su una collinetta erbosa lungo la sponda del lago in una pace e un silenzio assoluto.
Fuori da tutto e da tutti, dove il tempo si è fermato.
Inizio a scendere verso valle ma, sorpresa, sdraiata su una panca intenta a dormire, ritrovo l’escursionista inglese che
ho incontrato mentre salivo.
La mia impressione che fosse un po’ provata dalla fatica era giusta.
Ridisceso all’Alpe Vermulera, incontro una coppia di escursionisti intenti a studiare la cartina e a lamentarsi del tempo.
Allora non avevo frainteso le previsioni!
In loro compagnia percorro l’ultimo tratto che mi resta per arrivare a riprendere l’auto, discorrendo di queste nostre
splendide montagne che, senza andare in capo al mondo, aspettano e meritano di essere scoperte.
Mi ritrovo a scendere verso Grosio dove ho l’alloggio, pensando già alla prossima meta, la Val di Sacco (o Val de Dosa), §il ramo occidentale della Val Grosina.
Conto le ore, i minuti.
Quanto manca alla ripartenza?

Relazione e fotografie di: Daniele Repossi


Note:
camminata lunga in uno dei luoghi più isolati e spettacolari della Val Grosina, un ricovero storico costruito
nel 1890 alla bellezza di 2.824 metri.
Sentiero ben tracciato e piacevole fino al lago Negro, poi arrampicata facile tra pietraie, grossi massi e residui
di nevai dove ci si aiuta anche con le mani.
Data la lunghezza dell’itinerario, servono condizioni stabili del meteo, anche per ammirare panorami favolosi sui laghi,
vallate e cime della zona.