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Bivacco Cesare Fiorio 2.810 m. (Italia – Alta Val Ferret)
percorso entusiasmante in alta montagna e su diverse tipologie di terreno, con una vista talmente bella e unica,
che lascio alle immagini e alle riprese video parlare al mio posto…..

bivacco cesare fiorio


Località di partenza:
Arnouva 1.760 m.

Località di arrivo: Bivacco Cesare Fiorio 2.810 m.
Dislivello: 1.050 m.
Posizione: alta Val Ferret, a ridosso del Mont Dolent, sul confine tra Italia e Svizzera
Difficoltà: EE [scala livelli difficoltà]
Ore: 3h 30 minuti
Periodo: da metà / fine giugno a inizio ottobre, previa attenta verifica delle condizioni di innevamento
Sconsigliato in caso di pioggia o placche di ghiaccio
Attrezzatura richiesta: classica da trekking, i ramponcini potrebbero essere necessari per l’attraversamento di
nevai ricoperti da crosta di gelo / disgelo / rigelo
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli

 

È una splendida mattina, è presto e siamo a metà luglio, il cielo è azzurro e la destinazione di oggi si trova in Val Ferret,
una vallata magica, a ridosso della catena del Monte Bianco, tra decine di pinete che si disperdono all’orizzonte,
imponenti pareti di granito da un lato dai quali discendono molti dei più famosi ghiacciai dell’arco alpino, e immense
montagne ricche di fiori e di erba dal lato opposto.

In mezzo alla vallata scorre la Dora di Ferret piena di acqua di fusione.
Benvenuti o ben tornati sul nostro sito internet.
Oggi vi porto al Bivacco Cesare Fiorio 2.735 m. in un giro da favola, un nido d’aquila inaccessibile per la maggior parte dei
mesi dell’anno, un altro di quei posti dai quali non vorresti mai andartene via, perché il panorama che si apre davanti ai
vostri occhi è indescrivibile per tanta bellezza e si può solo restare a bocca aperta ad ammirare e contemplare in silenzio.

Ho cercato di farvi vedere con il video che trovate pubblicato in questa pagina un flash di questo posto.

Sveglia alle 6,30 del mattino, parto in macchina da Morgex, seguo per Courmayeur e salgo fino a Entreves, dove
abbandono la strada statale per prendere il bivio che porta in Val Ferret che percorro tutta fino ad arrivare a Arnouva poco
prima delle ore 8.

Essendo presto posso salire con la macchina fino all’ultimo piccolo parcheggio di Arnouva, che si trova sulla destra
dopo aver superato il ponticello di legno e percorso circa 600 metri di strada sterrata.

Diversamente, se si sale più tardi, bisogna utilizzare il servizio bus pratico e comodo, in quanto l’accesso alla Val Ferret
è giustamente contingentato nel periodo estivo.

La strada asfaltata che ci conduce da Entreves a Arnouva è deserta, non incontriamo nessuno, è ancora presto.
Arrivati al parcheggio (piccolo, ci staranno una decina di vetture), dei ragazzi montano le mountain-bike e si preparano
per un grande giro, lungo i sentieri che conducono fino a Courmayeur, per poi ritornare ad Arnouva.

Noi invece ci prepariamo per raggiungere la nostra meta, che va esattamente nella direzione opposta.
Il tempo di calzare gli scarponi e si parte.
Siamo ancora in ombra, ma il sole lambisce e illumina tutta la zona del massiccio del Monte Bianco e i suoi raggi stanno lentamente scendendo verso valle.
La temperatura esterna è di 7°C.
Per raggiungere il Bivacco Cesare Fiorio ci sono almeno tre percorsi di salita:
– la direttissima Arnouva – Bivacco Cesare Fiorio
– il percorso di salita Rifugio Elena – Col du Grand Ferret – Bivacco Cesare Fiorio
– salendo dal versante svizzero, con partenza da La Fouly zona di Le Clou
Noi abbiamo optato per la direttissima Arnouva – Cesare Fiorio, e questo percorso lo suddivido in 4 “tratte” per cercare
di illustrarlo ed esporlo al meglio, spiegando i livelli di difficoltà, le attenzioni da porre, le emozioni, i panorami.

La PRIMA TRATTA (percorso verde sulla mappa) è la semplice e pratica strada poderale che porta verso il Rifugio Elena.
Partendo dal parcheggio, percorriamo la poderale ancora in ombra, che sale dolcemente.
Superiamo prima il bivio sulla sinistra che conduce al Bivacco Comino e dopo 15 minuti superiamo anche il secondo
bivio (sempre sulla sinistra) che conduce al Rifugio Dalmazzi.

I ghiacciai sono già tutti illuminati dal sole, e contrasta il loro colore bianco / azzurro, con il grigio / marrone delle pareti di
granito sui quali sono ancorati.

Tutto intorno il silenzio, interrotto solo dal rumore della Dora di Ferret che scorre nella piana e che raccoglie i tanti
affluenti che scendono dalle montagne.

All’orizzonte qualche nuvola bianca lungo le creste, ma non destano preoccupazione, il meteo per oggi è bello.
Ci fermiamo per qualche foto al paesaggio che conosciamo bene, ma che ogni volta ci incanta, e fotografiamo anche
alcuni fiori gialli, ancora “addormentati” dalla notte appena trascorsa e richiusi in se stessi, formando delle sfere gialle….

In circa 35 minuti arriviamo al terzo bivio (sempre a sinistra) che prendiamo, abbandonando la poderale fin qui percorsa.
E’ questa la direzione che ci condurrà al Bivacco Cesare Fiorio, e bisognerà seguire per tutta la tratta il
segnavia n° 24.

La poderale che abbiamo appena lasciato, prosegue invece fino al Rifugio Elena.
Pochi metri dopo il bivio, dobbiamo superare un ampio nevaio residuo di slavine invernali.
Il sentiero è ben visibile ed è molto ben segnalato lungo tutto il suo percorso, sia in salita che in discesa.

Dal bivio, proseguiamo su sentiero lungo un torrente per circa 10 minuti, dove incomincia la SECONDA TRATTA (percorso
rosso sulla mappa), che è quella più impegnativa a livello fisico, ma anche quella a mio avviso più insidiosa.

Si incomincia a salire in modo deciso e senza sosta per circa 50 minuti su terreno formato da sfasciumi e fanghiglia con
scarsa tenuta, dov’è necessario aiutarsi con le mani.

Nel nostro caso, avendo piovuto abbondantemente il giorno prima, abbiamo trovato il terreno inzuppato d’acqua e
particolarmente scivoloso, con scarso grip tra lo scarpone e il suolo, in quanto il carro armato si è presto riempito di fango.

Non fatevi spaventare da questo tratto che presenta una pendenza e uno sforzo fisico importante.
Dopo, anche se saliremo costantemente, sarà più semplice.
Andate avanti e verrete premiati !!
Tuttavia prestate attenzione e procedete lentamente, perché questo sentiero che conduce verso il colle Le Chantonnet
(anche se noi taglieremo molto prima), è particolarmente scivoloso, ed è assolutamente sconsigliato in caso di neve
residua al suolo o ghiaccio.

Man mano che salivamo, aiutandosi anche con le mani, dietro di noi guardando più in basso, ci rendevamo conto del
dislivello che stavamo percorrendo.

Abbiamo voluto toglierci questa salita e non ci siamo mai fermati, mantenendo una progressione costante.

La TERZA TRATTA (percorso giallo), è più rilassante, perché dopo la salita impegnativa appena percorsa, ci troviamo
su ampie colline erbose, dove il sentiero pur mantenendo una discreta pendenza, è facilmente percorribile e ci permette
di guardarci attorno.

Il sentiero qui non presenta alcun problema, possiamo permetterci di distrarci a fotografare i tanti fiori, osservare quei prati
ricchi di erba che si disperdono in mezzo a ruscelli e vedere e ascoltare le marmotte correre e fischiare.

Notiamo una tenda di un ragazzo che deve aver trascorso qui la notte e che sta facendo ginnastica.
Ha avuto coraggio, perché il temporale che c’è stato nella notte, oltre ad aver rovesciato parecchia acqua, a queste
altezze può diventare un problema.

Il paesaggio è da incanto, il fondo valle è tutto ben visibile, e la poderale percorsa da poco tempo, si è trasformata in una minuscola linea che gira un pò in tutte le direzioni.
Il sentiero a un certo punto si interrompe, c’è un nevaio da attraversare, nulla di complicato.
Procediamo quindi con un traverso su un grosso e ripido canalone, dalla cui sommità velocemente scendono nuvole bianche,
che ci avvolgono senza mai destare alcuna preoccupazione.

C’è ancora parecchia neve.
In pochi minuti ci troviamo sulla sponda opposta e riprendiamo il sentiero.

Inizia qui la QUARTA TRATTA (percorso arancione), molto panoramica, dalla quale incominciamo a intravvedere all’orizzonte
blocchi di ghiaccio spuntare dietro alle rocce.

Stiamo parlando del Ghiacciaio Pré de Bar, che man mano che si sale, appare maestoso, e molto grande e
purtroppo anche sofferente, ma ne parleremo dopo.

Da adesso in poi e fino all’arrivo al Bivacco, il sentiero sarà quasi esclusivamente su pietraia, con frequenti attraversamenti
di altri nevai residui.

Non sono necessari i ramponcini, tuttavia in caso di passaggi in ore con temperature negative sono consigliati, perché
i traversi fanno intravvedere una discreta pendenza del manto nevoso e l’eventuale crosta gelata del nevaio,
potrebbe rappresentare un problema di scarsa aderenza.

I bollini gialli, le frecce, il numero del sentiero, sono sempre presenti e non lasciano margine ad errori o interpretazioni
sulla traccia da seguire che ci accompagnerà fino al Bivacco che da qui dista circa un’ora, guardando il
“percorso arancione” disegnato sulla mappa.

I tanti “ometti in pietra” ci confermano ulteriormente la correttezza del sentiero che si aggira oramai solo più tra le rocce.
Preciso che le tempistiche sono sempre indicative e vanno considerate in funzione della giornata, che nel nostro caso
si presentava con meteo ottimale.

Davanti ai nostri occhi si intravvede l’Aiguille de Triolet 3.870 m. 
Siamo in piena pietraia, in alcuni punti ci aiutiamo con le mani, e dopo ogni passo guadagnamo un pezzo di vista in più.

La voglia di arrivare e di apprezzare il luogo è molta.
Tra le rocce sbucano qua e là dei fiori alpini dai colori intensi.
Ancora uno sforzo è intravvedo il tetto tondo del vecchio Bivacco Fiorio e poco dopo ecco spuntare il
Bivacco Fiorio “nuovo”, poco distante dall’altro.

Che emozione !!
Che meraviglia!!
Siamo a 2.810 m.
Mi guardo attorno, neve ovunque.
Davanti alla porta del bivacco è stata posata una panca in legno.
Una scelta migliore, non poteva essere fatta, perché da questa panca si ammira un panorama pazzesco, vastissimo.
Mi fermo a guardare e resto senza parole.

Vedo il Mont Dolent 3.820 m., la Pointe du Prè de Bar 3.658 m., l’Aiguille de Triolet 3.870 m. e una distesa immensa di
ghiaccio del ghiacciaio Prè de Bar, molto crepacciato.

Ma basta ruotare leggermente la testa per osservare in tutta la sua magia l’intera piana della Val Ferrret, con decine
di pinete immense, ma da qui piccole come macchie.
Vediamo il Rifugio Elena minuscolo, il Colle du Grand Ferret, il Colle del Malatrà, la zona del Rifugio Bonatti e all’orizzonte
decine e decine di punte e di creste, che solo una carta geografica può in qualche modo illustrare.

Osservo i tanti sentieri che salgono a zig zag sul versante opposto, completamente erboso, ma anche con molte
chiazze di neve.

E io questi sentieri li vorrei percorrere tutti e documentare uno per uno, perché per me questo rappresenta la vita, per me
questo significa vivere, respirare, essere liberi, volare da un posto all’altro apprezzando montagne che sono
fenomenali, straordinarie, di una bellezza indescrivibile.
Non voglio nient’altro che questo.
Resto seduto sulla panca senza parole e troppo felice di essere quassù.
Mi giro, guardo questo bivacco “nuovo”, dalla forma un pò squadrata e penso che se potesse parlare, avrebbe chissà
quante storie da raccontare.

Ha ospitato sicuramente centinaia di persone, e avrà visto e vissuto le tempeste invernali, la neve caduta in abbondanza,
le giornate splendide di sole e giorni e giorni immerso nelle nubi con visibilità zero e l’inverno completamente sommerso
da metri di neve e ghiaccio.

Mi rendo perfettamente conto che una struttura di metallo e legno non potrà mai parlare.
Ma pensate se potesse farlo….
Scriverebbe un libro con racconti e storie che nessun uomo potrà mai vivere.

Visito il nuovo Bivacco Cesare Fiorio, protetto da una doppia porta di ingresso, con accanto una targa che ricorda il
nome, l’altitudine e il CAI.

La prima porta, totalmente in legno, si apre verso l’esterno dopo aver tirato un chiavistello.
La seconda porta in legno e vetro, si apre verso l’interno e troviamo 20 posti letto, legno al suolo e su tutte le pareti,
tre panche, alcuni sgabelli e un tavolo, oltre a coperte in abbondanza.

L’essenziale per poter trascorrere la notte in vista di una nuova escursione o aspettare l’alba del mattino, ma anche per
ripararsi da eventuali fenomeni meteo avversi.

E’ importante avere cura di queste strutture messe a disposizione di tutti, sempre aperte e completamente gratuite.
Possono salvarvi la vita in caso di difficoltà, non dimenticatelo mai (!!), e offrirvi il comfort dopo una lunga escursione
sulle alte vie.

Decido di scendere di pochi metri, per andare a visitare anche lo storico e oramai vecchio Bivacco Cesare Fiorio.
Molto più piccolo, con la classica struttura a mezza botte, conta solo 4 posti letto (con diverse coperte) e una panca.
Resta sempre un punto di appoggio, ma non versa in ottime condizioni.
Necessiterebbe di un’opera di ristrutturazione per risistemare la porta di accesso in legno oramai gonfio e decisamente
vissuto, così come le due piccole finestrelle che presentano ampi spifferi parzialmente “richiusi” da carta di giornale….

Sembra banale ricordalo, ma ovviamente non c’è alcun punto di ristoro e l’acqua se necessario è solo quella di fusione.
Nel mio caso, la copertura cellulare è stata garantita con roaming su un operatore svizzero.

Beh, la vista sul ghiacciaio Prè de Bard è qualcosa di unico, siamo praticamente a ridosso dello stesso.
Seracchi, crepacci, blocchi giganteschi di ghiaccio e nevai, con profonde grotte naturali in continua evoluzione.
Vedi il video realizzato e pubblicato nel nostro canale YouTube.
Tuttavia osservando con attenzione è purtroppo ben visibile il fenomeno rosa di vaste aree di ghiaccio e nevai.
Si tratta dell’alga Ancylonema nordenskioeldii che non è pericolosa e neppure nociva.
Il problema però viene rappresentato dal fatto che la superficie bianca della neve e del ghiaccio riesce a riflettere più
dell’80% dei raggi solari, che al contrario con il colore rosa di quest’alga, il ghiaccio si scurisce e assorbe maggiormente
il calore facendolo sciogliere più rapidamente e favorendo ulteriormente la crescita di queste alghe che trovano nuovo
apporto di acqua e ossigeno.

Un problema in più per questi meravigliosi ghiacciai in forte e impressionante ritiro.
Purtroppo, non servono più strumenti per calcolare i metri persi ogni anno, è sufficiente guardare a occhio nudo per
rendersi conto del problema oggi più evidente che mai.

Non intervenire e non tentare una inversione di rotta è suicida, perché parte da qui, da questi posti l’acqua che serve
per irrigare le campagne in pianura e riempire le falde acquifere.

La sola pioggia non è sufficiente.
E’ un circolo naturale ben studiato e collaudato da millenni.
Non c’è nulla da inventare o costruire, basterebbe proteggere ciò che abbiamo, i nostri tesori, i nostri patrimoni VITALI,
anche solo per il rispetto di chi verrà dopo di noi.

In tutta la giornata ho incontrato poche persone, non più di una decina.
Ho quindi approfittato per restare da solo a osservare e riflettere.
Mi rendo conto di quanto sono lontano mentalmente dal vivere nel consumismo più sfrenato, quando bastano poche e
semplici cose per stare bene e riempire abbondantemente la giornata.

Verso le ore 15 a malincuore riprendo il percorso di discesa.
Mi spiace tantissimo andare via, la voglia di restare e fermarsi per qualche giorno è tanta…. ma non è possibile.
Con dispiacere e con attenzione ripercorro in senso inverso il percorso fatto questa mattina.
La discesa è ovviamente più rapida della salita, e i nevai che dobbiamo attraversare si presentano con neve molle dal
caldo dei raggi del sole che ci hanno accompagnato per tutta la giornata.

E’ necessario prestare particolare attenzione al secondo tratto (quello segnato in rosso sulla mappa), che in fase di
discesa è ancora più insidioso che in salita e che percorro in alcuni tratti accovacciato per garantirmi una maggiore
sicurezza e stabilità.

In circa 3 ore faccio rientro ad Arnouva.
Mi volto indietro, guardo in alto e penso che il mio cuore è restato lassù.

Relazione, fotografie e riprese video di: Michele Giordano e Elfrida Martinat


Note:
percorso di trekking in ambiente di alta montagna con panorami unici per bellezza.

Veramente entusiasmante in una giornata da favola.
Bisogna mettere in conto che si affrontano tutti i tipi di terreno: dalla semplice poderale, agli sfasciumi con terra e fango,
al classico sentiero, per poi passare a pietraie e nevai.

E’ anche questo il bello di un’escursione, che di monotono non ha veramente nulla.
Prestare particolare attenzione al tratto in rosso segnato sulla mappa, ripido e scivoloso tra sfasciumi e
terra poco stabile.

Ma superati quei 50 minuti, si apre il mondo davanti ai vostri occhi, quindi salite e non fermatevi!!
Ne vale veramente la pena.