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Colle Salza 2.882 m. – Punta Alta Luce 3.184 m.
(Italia – Valle di Gressoney)

escursione lunga, fisicamente impegnativa e con molto dislivello, dalla sommità si gode una vista incredibile sulle cime e sui ghiacciai del Monte Rosa. La salita al Colle Salza può essere effettuata anche dalla valle del Gabiet.

colle salza punta alta luce

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Località di partenza:
Staffal, Valle di Gressoney
Quota di partenza: 1840 m.
Quota di arrivo: 3184 m.
Dislivello: 1344 m. 
Posizione: il Colle Salza separa il vallone della Salza da quello del Gabiet.
La Punta Alta Luce, immediatamente sopra al primo, si trova di fronte al massiccio del Monte Rosa con vista
sul ghiacciaio del Lys, sulla Punta Giordani, Lyskamm, Castore e Piramide Vincent.
Difficoltà: EE [scala dei livelli di difficoltà]
Ore: 7h 30’ a/r 
Periodo: da metà giugno a fine settembre
Attrezzatura richiesta: classica da trekking
Discesa: per la via di salita
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli

Un po’ come capita tutte le estati, anche quest’anno non mi voglio proprio rassegnare al termine della bella stagione.
Certo, l’inverno è sempre affascinante, la neve ricopre tutto e si possono fare stupende camminate con le ciaspole,
ma è d’estate che si possono impostare gli itinerari più lunghi e le salite più importanti.
Mi trovo a Staffal, al termine della Valle di Gressoney, in un giorno di ottobre illuminato dal sole e dal cielo azzurro.
In alto nemmeno una nuvola, anche se la temperatura si è un po’ abbassata.
Sarebbe un delitto non sfruttare una giornata così.
In questi parcheggi, presi letteralmente d’assalto nel pieno della stagione, non c’è nemmeno un’auto,
e tutte le attività sono chiuse.
Come una molla, sembra che questi posti ogni anno allo scoccare di un preciso giorno, solitamente di inizio settembre,
vengano abbandonati in massa.
Impianti, hotel, bar e ristoranti.
Tutti chiudono e scendono a valle.
Un peccato perché a mio avviso bisognerebbe osservare il meteo e non il calendario.
È vero che gli escursionisti sono pochi e oggi qui sono l’unico, ma ho sempre pensato che le due cose siano
strettamente legate tra loro.
Probabilmente senza le chiusure anticipate. anche la gente tarderebbe a scendere.
In questa bellissima giornata vorrei approfittare per intraprendere l’ascesa alla Punta Alta Luce, un punto panoramico con
una vista di prim’ordine sul massiccio del Monte Rosa.
Itinerario preso e studiato come sempre sulla mia cartina qualche giorno prima.
Uso sempre il condizionale perché, non avendo mai affrontato il percorso, non so in realtà quali eventuali difficoltà
possa presentare.
Il tempo di indossare al di sopra della maglietta un pile leggero, (sono in ombra in questo parcheggio, e la mattina
presto fa freschino) e sono pronto a partire.
Imbocco il sentiero che porta anche verso le sorgenti del Lys, percorso che descrivo in un’altra relazione.
Non si può sbagliare, l’unico altro sentiero che si dirige verso il Monte Rosa è quello che sale una volta superato il
ponte sul Lys, al Passo Inferiore della Bettolina.
Per questi primi metri sono in ombra e il sentiero, bordeggiando il torrente Lys, sale leggermente a tornanti per prati
e pascoli fino alle baite di Courtlys dove è presente anche un grosso macigno.
Da questo punto riesco a vedere già buona parte della testata della Valle di Gressoney.
Il paesaggio da qui in poi continuerà a cambiare quasi ad ogni passo, passando da una tipologia di ambiente
ad un’altra, con un’esplosione di colori e contrasti meravigliosa.
Procedo in un lungo tratto piuttosto pianeggiante entrando in un bellissimo bosco di larici e abeti dove
il silenzio è il vero sovrano.
Senza che me ne accorga sto lentamente cambiando direzione e portandomi verso il vallone della Salza.

Nel primo punto dove gli alberi si diradano, ecco apparire la maestosità del Monte Rosa col suo ghiacciaio
del Lys in primo piano illuminato dal sole.
Dopo una lieve salita esco dal bosco e arrivo ad un bivio dove la segnaletica infissa su un sasso verticale indica
le possibili direzioni che in questo caso sono due.
Avanzando dritto arriverei sulla morena alle sorgenti del Lys, mentre a destra al Colle Salza e alla Punta Alta Luce che
viene data in poco più di tre ore.
Imbocco quest’ultima direzione e inizio a faticare nel risalire questi pendii tra erba, mughi e qualche pietra.
Dritto davanti a me in lontananza vedo una punta rocciosa e intuisco sia la mia meta.
A vederla da qui c’è da sentirsi male tanta è la distanza e il dislivello.
Meglio non pensarci e mettere un piede davanti all’altro.
Intanto sto risalendo una valle favolosa come posso notare dopo pochi metri, e me la voglio godere fino in fondo.
Alla mia destra si alzano i contrafforti rocciosi della Punta Telcio, mentre in direzione opposta ho lo spettacolo dei
ghiacciai del Rosa che non mi abbandoneranno più.
Sono sempre in ombra, ma poco più avanti tutto è baciato dal sole per un gioco di luci ed ombre pazzesco.
Arrivo nei pressi di un rudere, di un alpeggio abbandonato a Salza Inferiore, (Ustro Soalze), e continuo rimontando
un pendio a tornanti molto faticoso.
In realtà, lo saprò a breve, sto puntando alla cresta di una morena che dal basso non avevo identificato così bene.
Eccolo finalmente il cippo che indica la punta di questa cresta.
Come noto guardando in basso ho già fatto molta strada, ma del Colle Salza ancora non c’è traccia.
Mi sono però portato in un punto se possibile ancora più panoramico e vicino al ghiacciaio del Lys.
Un puntino scuro attira la mia attenzione in alto sulle rocce alla mia sinistra.
Vado a memoria e in questa zona, in quel punto, penso che potrebbe trattarsi del Rifugio Quintino Sella.
Mi sembra molto vicino però, possibile sia lui?
Estraggo la cartina e ne approfitto per dare un’occhiata ai nomi di tutto ciò che mi sta intorno, tanto sono al sole ora
e inizio ad avere caldo.
Ma certo, è proprio lui!
Incredibile come lo si distingua perfettamente dalla mia posizione.
Ricordo quando agli inizi del 2000 l’ho raggiunto per la mitica cresta attrezzata con canaponi.
Era uno dei miei primi rifugi “impegnativi” che visitavo, e il bello che tutto il percorso, (da inesperto quale ero sul tipo di abbigliamento da indossare), l’ho fatto indossando jeans, canottiera e t-shirt normali.
Se ci penso, sono passati quasi vent’anni da quella salita…
Ora però devo concentrarmi su questa escursione e proseguire, abbandonando per il momento questi bei ricordi.

La cresta di questa morena si alza leggermente inoltrandosi nel vallone della Salza e risalendo un crinale di erba e pietre.
Il paesaggio è cambiato ancora.
Dalle strade ai prati, dal bosco ai pascoli e ora alle prime pietre.
Semplicemente fantastico.
Superato questo punto mi ritrovo con stupore su di un bel pianoro dove apparentemente la fatica per ora è finita.
Sarà solo la calma prima della tempesta come scoprirò tra poco.
Intanto mi godo questa passeggiata in alta quota, e ne approfitto per tirare il fiato e per sciogliere i muscoli delle gambe.
La prima meta è già di fronte a me, e mentre cammino la studio da lontano.
Il Colle Salza è una piccola fossetta rocciosa a metà tra una punta rocciosa sulla destra di quota 2.913 metri, e
il massiccio dell’Alta Luce sulla sinistra, ben più vasto e alto.
Vedo rocce e pietraie ovunque, ci sarà da divertirsi a salire!
Nessuno sale, nessuno scende, sono l’unico puntino che si muove tra queste cime.
La civiltà è ormai a più di tre ore da me.
Un ultimo respiro e sono pronto per questi ultimi metri tra pietre e sfasciumi che però non valuto così ripidi e
impegnativi come credevo osservandoli da lontano.
In breve raggiungo il Colle Salza a 2.882 metri.
Qui sono presenti una targhetta del luogo e un grande cippo in pietra riportante la segnaletica.
Per il momento decido di riposarmi un attimo e mangiare qualcosa, facendo finta di ignorare quella freccia gialla
dipinta sulla roccia che indica verso l’alto.
Senza leggere, la mia mente sa già che dovrà inerpicarsi da quella parte.
Sul versante opposto del colle invece si estende un altro spettacolo magnifico, ossia tutta la Valle del Gabiet coi
sentieri che da Staffal salgono al Rifugio Oreste, al Passo dei Salati e alla Punta Indren, passando per il Lago Gabiet.
Questo panorama però sarà sicuramente più ampio e incredibile una volta in cima.
Alle mie spalle, tutta la via che ho percorso fin qui, di cui io vedo solo il pianoro sommitale appena attraversato e
l’ultimo tratto tra le rocce.
Il mio obiettivo di giornata è un po’ più in alto, e dopo un po’ di riposo per le gambe mi decido a ripartire.

All’inizio affronto un vero e proprio muro su un sentiero un po’ esposto cosparso di ghiaietto che lo rende molto scivoloso. Paradossalmente questo sarà il tratto più impegnativo della salita.
Giunto sotto le prime roccette, il versante si addolcisce un po’ e la salita prosegue con numerose svolte
districandosi fra questi massi.
Appoggiandomi con le mani supero due piccole fasce rocciose uscendo sulla pietraia sommitale, proprio all’altezza e
poco distante in linea d’aria dalla vecchia stazione a monte della funivia Indren.
Il terreno è cosparso di pietre e roccette, ma ormai in questo punto non si scivola più.
Seguo i vari ometti di pietra che indicano la direzione corretta, e oltrepasso le macerie del vecchio Bivacco Passera.
Come per magia sono entrato in una nuova dimensione, in un ambiente lunare e molto distante da quello solo
pochi metri più in basso.
È tutto uno spettacolo però, sono ormai a 3.000 metri e l’orizzonte è qualcosa di magnifico.
Ormai vedo la cima, manca poco e non mi sembra vero di essere riuscito a salire fin quassù.

Quando la raggiungo scopro non esserci una croce, ma qualche ometto di pietra e una campanella che mi metto
subito a suonare con il cuore colmo di gioia e il sorriso stampato sul volto.
Che emozione e che sorpresa, è fatta!
Quello che ho di fronte è uno dei migliori spettacoli del mondo!!

punta alta luce daniele repossi
la targhetta dell'Alta Luce

A dominare la scena ci sono le lingue immense piene di seracchi del ghiacciaio del Lys che dal Monte Rosa
scendono verso valle.
È anch’esso un ghiacciaio in forte ritiro che oggi ho ancora la fortuna di ammirare nella sua notevole estensione.
Sopra ad esso, si elevano le cime del Castore, della Punta Giordani e della Piramide Vincent.
Guardando attentamente scopro altre mete da me toccate quando ero fra quelle cime.
I rifugi Mantova, Gnifetti e il Balmenhorn col piccolo Bivacco Giordano su tutte.
Ovunque brillano i ghiacciai e con loro incutono un po’ di timore tutti quei crepacci nettamente distinguibili.
Più spostato, sotto al ghiacciaio del Felik, c’è ancora lui, il Rifugio Quintino Sella.
Che posto magnifico e incredibile, non so più dove guardare.
Questa è un’altra posizione strategica nella quale piazzare una doppia sedia girata nelle due direzioni, verso il Rosa e
verso Valle dove le catene di monti si allungano a perdita d’occhio, dal Rutor al Gran Paradiso, passando per
il blu intenso del più vicino Lago Gabiet e per il verde chiaro dei laghetti nei pressi della sorgente del Lys, più
di mille metri più in basso rispetto a me.
L’escursione è stata lunga e faticosa, ma non credevo di raggiungere un posto così bello, capace di suscitare
emozioni forti, data anche la vicinanza coi ghiacciai e alte cime.
Chi decide di percorrere questo itinerario passa certamente per la porta che conduce sull’alta montagna, entra in
un mondo incantato con l’aria più sottile, ma restando al sicuro da tutti i pericoli che essa comporta.
Un ottimo modo per avvicinarsi a questi ambienti.
Sono sempre triste al pensiero di abbandonare luoghi così, ma come si fa?
Mi verrebbe voglia di mettermi subito a ricostruire il bivacco per viverci.
E ora che ci penso è proprio un peccato che su questi pendii non sorga più una struttura del genere, la quale non
servirebbe tanto come punto di partenza per salire questi monti, in quanto siamo già in cima (e verso il Rosa si
salirebbe dalla Punta Indren), ma solo per assaporare una notte in quota e in isolamento, col solo rumore del
ghiacciaio e dell’acqua a fare da sottofondo.
Per vivere un’esperienza come poche insomma.

Intraprendo la via del ritorno con un imprevisto.
Devo infatti avvisare i miei che si trovano a passeggio nei dintorni di Staffal e vedo il satellitare scarico.
Mannaggia, saranno preoccupati perché dal Colle Salza non hanno avuto più mie notizie.
Poco male penso, c’è campo e userò il cellulare.
Quando lo estraggo lo vedo però spento.
Strano, lo lascio sempre acceso.
Lo rimetto subito in funzione e noto che mi chiede il pin della sim che ovviamente non ho con me.
Non posso che accelerare il passo e muovermi.
La discesa è bella, lunga e divertente, nel mio caso un po’ frenetica, dove la maggiore attenzione la pongo nel tratto
poco prima di arrivare al Colle Salza.
In basso a questo torna a poco a poco l’esplosione di colori della vegetazione che in alto si era persa.
È quasi l’ora di cena quando riprendo l’unica auto che per tutta la giornata è rimasta nel parcheggio di Staffal, la mia.
Nel mentre mi vengono incontro i miei genitori con l’aria molto preoccupata e tempestandomi di domande.
In un attimo però li rassicuro e spiego loro il doppio imprevisto, tutto risolto.
Con la gioia nel cuore guido lentamente lungo la Valle di Gressoney, pensando davvero che non c’era modo migliore di
chiudere questa stagione escursionistica prima dell’arrivo dell’inverno.

Relazione e fotografie di: Daniele Repossi


Note:
escursione molto lunga, fisicamente impegnativa e con molto dislivello, riservata agli escursionisti più allenati
ed esperti, con buone capacità di muoversi su pietraie, sfasciumi e pendii ripidi.
Dalla sommità si gode una vista incredibile sulle cime e sui ghiacciai del Monte Rosa.
La salita al Colle Salza può essere effettuata anche dalla valle del Gabiet.