Lago Panelatte 2.062 m. e Pizzo del Corno 2.280 m.
(Italia – Toceno – Arvogno)
il lago di origine glaciale vi appagherà ampiamente, permettendovi di rilassarvi nel silenzio e nella tranquillità di questi luoghi;
la salita al Pizzo del Corno è qualcosa di indescrivibile con un panorama pazzesco
Località di partenza: Arvogno 1.242 m. (Verbano Cusio Ossola)
Punto di arrivo: Lago Panelatte 2.062 m. e Pizzo del Corno 2.280 m.
Quota di partenza: 1.242 m.
Quota di arrivo: 2.280 m.
Dislivello: 1.038 m.
Posizione: nel cuore della Valle Vigezzo, con partenza dalla frazione di Arvogno e superando 4 punti
intermedi (descritti nella relazione)
Difficoltà: E / EE [scala delle difficoltà]
E dalla frazione di Arvogno fino al Lago Panelatte
EE dal Lago Panelatte fino al Pizzo del Corno percorrendo la linea di cresta
Ore: 3h 20 minuti per la salita dalla frazione di Arvogno fino al Lago Panelatte
1h dal Lago Panelatte fino alla punta del Pizzo del Corno
Circa 3h 15 minuti per la discesa che avviene lungo il medesimo percorso di salita
Periodo: da maggio (previa verifica delle condizioni di innevamento), a fine ottobre
Attrezzatura richiesta: classica da trekking
(consigliati ramponcini da neve in caso di attraversamento di eventuali nevai)
La linea di cresta che sale al Pizzo del Corno è assolutamente da evitare in caso di presenza di neve e ghiaccio,
ed è sconsigliata in caso di pioggia
Segnavia: n° M21 e M25
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli
Se siete alla ricerca di una bella escursione di trekking per fare un buon allenamento, oppure volete semplicemente
organizzare una piacevole uscita in montagna che vi allontani dal caos della settimana, e vi porti in un ambiente
isolato e tranquillo, il Lago Panelatte può essere la scelta giusta per voi.
Ma se volete salire ulteriormente di quota e, restare stupiti con una visuale pazzesca a 360° su tutte le montagne,
magari approfittando di una giornata tersa come nel nostro caso: il Pizzo del Corno vi regalerà uno spettacolo che
porterete per lungo tempo nel vostro cuore.
E se amate la montagna e le cose belle, vi garantisco che avrete voglia di ritornare per rivedere quello che vi mancherà
fin da subito: decine e decine di vette una accanto all’altra, una dopo l’altra, una dietro l’altra.
Prendetevi qualche minuto e leggete le nostre impressioni, ne vale la pena.
Bentornati o benvenuti sulle pagine del nostro sito.
Siamo in una calda e limpida giornata di quasi metà giugno.
La nostra destinazione di oggi è il Lago Panelatte in Valle Vigezzo.
Un nome curioso per un lago e dalle origini ignote.
Sembra che questo nome derivi dalle abitudini nel passato dei margari, di consumare un pasto veloce in riva al lago,
durante il trasferimento del bestiame.
Il percorso in auto prevede di prendere la A26 in direzione di Gravellona Toce, deviare per la Val Vigezzo percorrendo
la strada statale SS337, arrivando al paese di Santa Maria Maggiore.
Da Santa Maria Maggiore, raggiungere il paese di Toceno e successivamente seguire la strada per la frazione
Arvogno che è il punto di partenza della nostra escursione.
Arrivati alla frazione di Arvogno, il nostro consiglio è quello di parcheggiare la macchina nel parcheggio posto
davanti al Rifugio Arvogno da Pio.
(volendo si può proseguire con l’auto sulla strada asfaltata, fino al ponte sopra il Torrente Melezzo, ma non sempre si
trova posto lungo il bordo della carreggiata).
Dal Rifugio Arvogno da Pio, individuiamo fin da subito le indicazioni.
Il segnavia che seguiremo indica la sigla: M21
Ci incamminiamo lungo la strada asfaltata che in leggera discesa, ci porta fino al ponte sul Torrente Melezzo che solca
il territorio vigezzino e successivamente arriveremo tramite una mulattiera al ponte sul Rio Verzasco.
Inizia qui il percorso di salita che fondamentalmente si suddivide in due tratte: la prima risale ed è nel cuore di un
fitto bosco e la seconda tratta invece ci porta agli alpeggi, costeggiando dei grandi prati fioriti.
Lungo il percorso incontreremo 4 “punti intermedi” (vedi mappa), che vi serviranno come riferimento.
Il sentiero sale fin da subito, non ha una pendenza particolarmente impegnativa, ma non molla mai e troviamo tanti
“gradini” da superare uno dopo l’altro arrivando al primo punto intermedio: le baite di Verzasco 1.393 m.
Parliamo di una minuscola borgata, formata da poche case in pietra che spuntano come funghi dai prati.
Proseguiamo addentrandoci nel bosco, mentre i raggi del sole illuminano le migliaia di foglie andando ad accendere
un colore verde intenso meraviglioso.
Risaliamo altri “gradoni”, e lungo il percorso troviamo spesso i classici segni “rossi e bianchi” che ci confermano la
correttezza del nostro itinerario.
Arriviamo quindi al secondo punto intermedio che esce dal bosco e ci porta all’Alpe Villasco 1.644 m. formata da una
casa in pietra e una fontana, il tutto immerso in un prato con erba alta e contornato da una pineta.
Abbiamo camminato per circa un’ora 1/2, ci rinfreschiamo con l’acqua della fontana, prima di riprendere il sentiero di
salita, segnalato dai cartelli.
Poco dopo aver superato l’Alpe di Villasco, le piante incominciano a farsi più rade permettendo di vedere il percorso che
si inerpica portandoci in circa 20 minuti su un grande pianoro.
Parliamo del terzo punto intermedio, quello dell’Alpe “I Motti” 1.844 m. posto incantevole!!
L’Alpe “I Motti” è formata da due malghe per accogliere le mucche e poco distante la casa del pastore.
Il tutto immerso in un grande prato dall’erba curata e verdissima, con vista aperta sulla Valle Vigezzo e in posizione
dominante, con accanto un piccolo ruscello che forma una cascata d’acqua e un laghetto.
Tutto questo contesto è circondato da centinaia di fiori dal colore bianco candido.
Se non l’avessi visto con i miei occhi, avrei pensato a un quadro disegnato da un pittore.
Ma è una realtà, ed è la bellezza di queste valli, di questi posti, di queste montagne.
Ma aspettate, perché più avanti l’incanto che stiamo vivendo all’Alpe “I Motti”, lo moltiplicheremo per dieci.
Resto stupito dal tetto di queste malghe, formato da pietre, posate una accanto all’altra con una precisione incredibile
e che resistono da decenni a un meteo alpino severo.
Questa particolare architettura, unita alla semplicità e praticità, mi ha fatto riflettere su come “un tempo” si lavorava e
si proteggeva l’essenziale.
Dall’Alpe “I Motti”, ci inerpichiamo per un ripido sentiero, evidente e ben tracciato che in circa 15 – 20 minuti ci porterà
al quarto e ultimo punto intermedio.
Parliamo della cappella di San Pantaleone (1.992 m.) che dalla sua posizione, “domina” un pò tutto il percorso fatto
finora, in parte visibile guardando verso valle.
Ancora una ventina di minuti di sentiero poco impegnativo, e compare davanti ai nostri occhi il Lago Panelatte.
Parliamo di un lago di montagna di origine glaciale, non molto ampio, dalle acque limpide in certi punti e torbide in altri,
dove tutto quello che c’è attorno si specchia dentro, quasi come per riverenza.
Acque alle volte calme e piatte, e poi basta un soffio di vento che si increspano, in un ambiente solitario e silenzioso.
Il Lago Panelatte confina per 3/4 del suo perimetro con un prato verde e rigoglioso, mentre per il quarto restante,
lambisce la pietraia che scende dal Pizzo del Corno.
Dopo tre ore abbondanti di salita, ci rilassiamo e ci godiamo questo incanto, in una giornata particolarmente calda,
approfittando di questa pausa per gustarci un buon (e meritato) panino.
Raggiunta quindi la meta, volendo la vostra escursione potrebbe concludersi qui.
Da Arvogno al Lago Panelatte, il percorso è da considerarsi “adatto a tutti”.
Ma il mio consiglio, per chi se la sente, dopo una sosta nei pressi del lago, è quello di proseguire arrivando sulla
punta del Pizzo del Corno, un percorso adatto a “escursionisti esperti”.
Sarete in paradiso.
Adesso vi spiego.
Quando arrivate dalla cappella di San Pantaleone al Lago di Panelatte, lambite la parte sinistra del lago stesso
(vedi foto con traccia rossa), per poi andare a risalire la ripida pietraia, formata da sassi di media dimensione.
In circa 20 – 25 minuti di attraversamento della pietraia, si prende rapidamente quota, giungendo sulla parte erbosa,
all’inizio dell’attacco della cresta.
La traccia di salita è intuibile, ma poco evidente.
Non ho trovato un vero e proprio sentiero, e mancano gli ometti (tranne uno in quota), e mancano anche i bollini
rossi e bianchi.
La salita ha una pendenza importante, in alcuni tratti bisogna aiutarsi con le mani per la progressione che, dopo la
pietraia, avviene prevalentemente su terreno erboso, con passaggio accanto a roccette.
Man mano che guadagnano quota, il Lago Panelatte lo vediamo decisamente più in basso e piccolino.
Sono salito lungo la cresta tenendomi sul lato sinistro, evitando di lambire la parte esposta.
In alcuni tratti particolarmente ripidi, si rende necessario progredire “a scaletta” zigzagando.
In totale mettete in conto un’ora di impegno e fatica per arrivare sulla Cima del Pizzo del Corno.
Ma giunti sulla sommità della cresta, si apre davanti ai vostri occhi il mondo intero.
Un mondo formato da (credo di poterlo dire), un centinaio di vette?
Visuale a 360°, si resta incantati da tanta bellezza, che complice una giornata limpida, senza nuvole e senza foschia,
ci permette di riconoscere alcune cime, mentre per tutte le altre, servirebbe una cartina dettagliata.
Da un lato, ai vostri piedi il Lago Panelatte con una serie di sentieri che si diramano in svariate direzioni, poi il
Pizzo di Fontanalba 2.200 m., il Pizzo Ruggia 2.289 m., la Cima del Sassone 2.085 m., la Cima Alta 1.948 m.,
la Cima Trubbio 2.062 m. e all’orizzonte (vedi foto “fronte”) un’infinità di punte che non sono in grado di riconoscere.
Alle vostre spalle (vedi foto “retro”), il Lago di Larecchio con le sue acque blu intense e una serie di sentieri ben visibili
che zigzagando salgono lungo i pendii raggiungendo varie destinazioni.
Davanti a noi la Cima di Agaro 2.160 m., la Cima di Canogia 2.350 m., la Cima dei Casaletti 2.417 m., e anche in
questo caso l’orizzonte è spettacolare, quasi disegnato con la punta di una matita su un foglio di carta, un accavallarsi
infinito di vette che si disperdono.
Resto incantato da tanta bellezza e pur salendo in quota da molti anni, la montagna riesce sempre a stupirmi come
se fosse la prima volta.
Alla nostra destra la Pioda di Crana 2.430 m. e tutta la linea di cresta che la unisce al versante opposto, mentre alla
nostra sinistra il Pizzo della Forcola 2.265 m., il Pizzo di Campolatte 2.306 m., la Punta di Pezza Comune 2.429 m………
il lungo elenco potrebbe continuare ancora molto, perché qui è come essere sopra una nuvola.
Mi siedo accanto all’unico ometto di vetta, e guardo, lasciando che gli occhi si disperdano in tanta maestosità.
Accanto a me un mazzo di fiori gialli che crescono vicino a una roccia, quasi come un “benvenuto”: è il regalo di
oggi della montagna.
Lungo questa parte del percorso non ho incontrato nessuno e in vetta sono da solo nel silenzio più assoluto.
Momenti unici, magici, grandiosi che ti ripagano ampiamente dalle oltre 4 ore di salita.
Non c’è nessuno scritto, nessuna pagina di un eventuale libro, che possa anche solo in parte far rivivere le stesse emozioni
che si provano ad arrivare fin quassù.
Ma di cosa stiamo parlando?
Queste sono esperienze che vanno “conquistate” con l’entusiasmo e la voglia di vedere, di conoscere e di scoprire,
guidati solo dalla passione che si prova per la salita in vetta.
Vi allego qualche foto che documenta la vista dal Pizzo del Corno.
La salita e la relativa discesa al Pizzo del Corno non sono complicate, serve attenzione, buon senso e rispetto dei
propri limiti.
Assolutamente da evitare in caso di neve o ghiaccio.
Sconsigliata anche in caso di pioggia, in quanto l’erba bagnata e la ripida pendenza renderebbe il terreno troppo
scivoloso insidioso.
Attenzione nelle prime ore del mattino con l’eventuale rugiada presente al suolo, che riduce il grip necessario.
Dopo un’oretta trascorsa sulla cresta, purtroppo devo riprendere la via di discesa che ripercorro a ritroso e che in
circa 40 minuti mi riporta al Lago Panelatte.
Riprendo quindi il sentiero per scendere verso la cappella di San Pantaleone, ma girandomi più volte per rivedere e
salutare il Pizzo del Corno.
Successivamente scendo verso le baite dell’Alpe “I Motti” e poi seguendo il sentiero fatto in mattinata si arriva in
circa 2h 1/2 nella frazione di Arvogno.
La discesa all’interno del bosco sarà un buon collaudo per le vostra ginocchia, in quanto i tanti scalini presenti,
sembrano non finire mai.
L’arrivo al Rifugio Arvogno da Pio e quindi al parcheggio sigla la conclusione della giornata.
Chiudiamo qui una grande esperienza in una vallata ricchissima dal punto di vista paesaggistico, che offre veramente
tante tante possibilità di escursionismo di ottimo livello.
Il nostro pensiero corre già verso il prossimo giro di trekking, a dove andare la prossima volta.
Vivo di queste emozioni e la montagna fa sempre più parte di me.
A presto, un saluto a tutti.
Relazione, fotografie e riprese video di: Michele Giordano e Andreina Baj
Note: la salita al Lago Panelatte è un’escursione che non presenta difficoltà.
Il sentiero è piacevole, e attraversa un ambiente naturale di alto valore, prima all’interno del bosco e poi su ampi prati.
E’ un pò lunghetto il percorso, bisogna mettere in conto circa 3 ore partendo da Arvogno, ma la progressione è costante,
mai impegnativo.
Il lago di origine glaciale vi appagherà ampiamente, permettendovi di rilassarvi nel silenzio e nella tranquillità di
questi luoghi.
La salita al Pizzo del Corno è tutta un’altra storia.
Parliamo di un percorso EE, adatto a escursionisti esperti, che vi porterà a percorrere la linea di cresta, regalandovi una
vista e un panorama da favola.
Un paesaggio incredibile, bellissimo, magico dove i vostri occhi si perderanno nell’accavallamento di un centinaio di
vette poste sui 360°
Qualcosa di veramente unico e assolutamente da vedere, vivere e amare !!!