Cerca

da Masera al borgo fantasma di Marone 662 m.
(Italia – Valle di Melezzo Orientale – Val Vigezzo)
trekking particolare, unico nel suo genere, che ci porta ad attraversare e conoscere 3 borghi, di cui uno completamente
abbandonato da diversi decenni e dove il ciclo della vita si è fermato molti anni fa e non è mai più ripartito: un mistero…

da masera al borgo fantasma di marone


Località di partenza:
 Masera 297 m. (Val Vigezzo)
1° punto intermedio: Trontano 518 m.
2° punto intermedio: Mulini del Graglia
Punto di arrivo: Marone 662 m.
Quota di partenza: 297 m.
Quota di arrivo: 662 m.
Dislivello: circa 400 m.
Posizione: Val Vigezzo, con partenza dal borgo di Masera
Difficoltà: E [scala delle difficoltà]
Ore: 2h 15 partendo da Masera e arrivando al borgo fantasma di Marone
tempistica che non considera la visita al paese di Trontano e la sosta nei pressi dei Mulini del Graglia
Periodo: tutto l’anno, previa verifica delle eventuali condizioni di innevamento
Attrezzatura richiesta: classica da trekking
Segnavia: inesistente
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli

Benvenuti o ben tornati sulle pagine del nostro sito.
E’ un trekking particolare quello che vi raccontiamo oggi.
Si parte da un paese e si arriva dopo oltre due ore 1/4 abbondanti di cammino e circa 400 m. di dislivello,
a un altro paese.

Ma è un paese fantasma, un paese dove il tempo non conta più nulla perché si è fermato.
Un piccolo borgo di una quindicina di case, una chiesa, una piazza, delle stradine, ma nel quale non esiste più niente,
non ci sono negozi, non c’è la scuola, non c’è la panetteria, non c’è il comune, non ci sono strade, non ci sono i lampioni,
non ci sono le persone.

E’ completamente disabitato e abbandonato al suo destino.
Eppure ha la sua stazione ferroviaria, dove il treno si ferma “a richiesta”, ma per andare dove?
C’è molto da raccontare del giro di trekking di oggi, tante storie, tanti ricordi, tante sensazioni.
Mettetevi comodi, perché si parte per un viaggio diverso dal solito.

Siamo nella seconda metà del mese di marzo e oggi abbiamo voluto tornare in Val Vigezzo, alle porte della Val Grande,
questo enorme parco naturale, così vasto, ma anche così poco conosciuto e pubblicizzato.

Con la macchina raggiungiamo il paese di Masera, dove parcheggiamo nel piccolo spiazzo che troviamo nei pressi
della ferramenta Janni e Ceschi, che si trova sulla Strada Provinciale 71 (SP71), all’incrocio tra via Della Stazione e
via Melezzo.

Percorriamo a piedi qualche metro sulla SP71 in direzione di Druogno, per poi girare subito a destra e
risalire via Pello.

Ci inerpichiamo su una strada asfaltata secondaria che dopo poche centinaia di metri, ci farà vedere il paese di
Masera appena lasciato, laggiù in basso, sempre più piccolino.

La stradina sale costantemente, con quasi zero traffico e, dopo circa 20 minuti, ci troveremo sull’ampia dorsale di Pello,
tra grandi distese di vigneti ossolani, dove si coltiva e si produce prevalentemente il Nebbiolo.

Giunti a un bivio, bisogna seguire le indicazioni che portano in direzione del paese di Trontano e dopo una mezz’ora
abbondante di cammino e circa 350 m. di dislivello, lasciamo l’asfalto per addentrarci all’interno di un bosco
passando nei pressi di alcune vecchie baite.

Si passeggia tra le foglie secche di un inverno oramai quasi concluso e che, ricorderemo come uno tra i più aridi
degli ultimi decenni.

Non incontriamo nessuno in questa prima parte del percorso, la zona è poco frequentata.
Si apprezza fin da subito un ambiente spartano, semplice, e dove la ricchezza di questi luoghi è data da un
territorio di montagna molto vasto, piuttosto vario come paesaggio, ricco di storie passate, ma relativamente poco abitato,
con poca affluenza e con una buona qualità della vita.

A mio modesto parere il bello di questi luoghi, e anche il loro grande valore, lo riassumo nel cartello che vi riporto
qui sopra e che abbiamo fotografato poco prima di entrare nel paese di Trontano.

“In questo paese i bambini giocano ancora per strada”.
Sembra una frase scontata, banale, ma se ci pensate bene, i bambini che giocano per strada era più facile trovarli
vent’anni fa rispetto a oggi.

Trontano, riconoscibile dalla punta del suo campanile, è un paese composto da numerose frazioni che dal fondovalle,
risalgono fino sulle cime dei monti e si estende dalla piana dell’Ossola, all’imbocco della Val Vigezzo.

Borgate sparse sulla montagna che fanno parte dei 10 comuni delle “Terre di Mezzo” del Parco Nazionale
della Val Grande.

Qui, alcune delle attività che vengono svolte nella vita di questi luoghi, sono date dai vigneti, dalla produzione del
pane di segale, dal lavoro di estrazione delle pietre dalle cave e dalla lavorazione della lana.

Passando prima nel bosco e successivamente sulla strada secondaria, entriamo in Trontano.
In pochi minuti raggiungiamo le scuole, poi la piazza della chiesa e, successivamente, attraversando la linea
ferroviaria che porta da Domodossola a Locarno in Svizzera. 

Bisogna seguire le indicazioni per i Mulini del Graglia, che distano dal paese circa 20 minuti.
In parte su strada asfaltata e, in parte su un’antica mulattiera immersa tra i boschi e alcune piante in fiore che
segnano l’arrivo imminente della primavera, si giunge alla tappa intermedia dei Mulini del Rio Graglia, dove
attraversando un antico ponte in pietra, troviamo alcune casette costruite attorno al 1600.

Queste casette anch’esse in pietra, in realtà sono degli antichi mulini, utilizzati nel passato per la macinazione dei cerali
e rimasti attivi fino negli anni della seconda guerra mondiale.

Poi purtroppo l’abbandono e il decadimento.
Ma quest’area è stata successivamente curata e ripristinata dai volontari di Trontano, che hanno saputo far rivivere
quelle ruote che nel passato hanno macinato tantissimo grano.

Questi posti, oggi meta di un rapido passaggio di trekking, sono in realtà luoghi dove sono stati scanditi tempi e
fatiche irripetibili, ed è qui che si apprezzano i valori delle civiltà rurali di montagna.

Era una vita dura quella del mugnaio, perché oltre a raccogliere i sacchi di segale dal peso di 30 – 40 kg l’uno,
il lavoro richiedeva l’impegno dell’intera giornata all’interno del mulino a macinare.

Il mugnaio doveva prendersi cura della manutenzione delle macine e in inverno, quando l’acqua ghiacciava,
doveva preoccuparsi di rompere il ghiaccio attorno alla ruota con dei martelli dedicati.

I forni per la cottura del pane, venivano scaldati con la legna fin dal giorno precedente.
La brace veniva spinta da un lato e introdotte le pagnotte, che cuocevano a 200° per oltre un’ora.
Sedendoci sulle panchine in legno poste accanto ad alcune baite, si ritorna indietro nel tempo.
Ed è questo uno dei valori del trekking di oggi, un ritorno indietro nel passato.
Bisogna pensare che in periodi oramai lontani, il mulino, il forno del pane, il torchio, il lavatoio, la chiesa o la piazza,
erano un servizio essenziale per la comunità, capaci oltre a garantirne il sostegno economico, anche ad aggregare
le persone e la vita della comunità stessa.

Dopo una piacevole sosta agli antichi Mulini del Graglia, riprendiamo in mezzo al bosco l’antica mulattiera in
direzione dell’abitato di Verigo.

Una strada ben tenuta che in alcuni punti, presenta addirittura dei piccoli muri di contenimento in pietra sia sul lato
destro che sul lato sinistro.

Si passeggia su un tappeto infinito di foglie secche cadute nell’autunno passato.
La traccia si snoda con un andamento sinuoso che sale e che scende, quasi tutta all’interno di fitti boschi, alle volte
intrecciandosi con i ponti che sorreggono la linea ferroviaria che porta a Locarno in Svizzera.

Alcuni funghi e alcuni fiori che troviamo lungo il percorso, colorano e rendono vivo un ambiente ancora semi
addormentato dall’inverno appena trascorso.

L’escursione di oggi è piacevole, non presenta difficoltà e con un dislivello complessivo inferiore ai 400 m. permette
di addentrarsi e assaporare queste zone un pò mascherate della Val Vigezzo.

Dai Mulini del Graglia proseguiamo per circa un’ora, intravvediamo alla nostra sinistra, sul versante opposto,
il paese di Paiesco che “sbuca” dalla fitta vegetazione.

Tranne due escursioniste che troviamo nei pressi di un bivio e con le quali scambiamo due chiacchiere guardando
le tracce dei gps, non incontriamo nessuno.

E’ anche questo il bello di frequentare queste zone: la solitudine.
Ci sono dei cartelli lungo la tratta che permettono di orientarsi più agevolmente.
Ma altri andrebbero aggiunti, in particolare nei pressi di bivi e sentieri che si incrociano, che salgono e scendono e,
dove, non è sempre così intuitivo individuare la traccia corretta da seguire.

Tuttavia il sentiero che spesso si trasforma in ampia poderale rimane sempre agevole e facilmente percorribile.
Dopo un’ora abbondante di cammino e di risalita, intravvediamo alla nostra destra tra gli alberi, una antica chiesa e
alcune case.

Siamo a Marone 662 m.

il borgo di marone

Qui il tempo si è letteralmente fermato quasi cento anni fa.
Fin da subito, restiamo colpiti dal colore grigio scuro, quasi tetro, di queste costruzioni, tutte buie, senza
nessun lampione.

Ma è addentrandoci all’interno di questo paese che non crediamo ai nostri occhi.
Le strette stradine conducono alle varie case, tutte costruite in pietra, tutte aperte, qualcuna ancora con gli infissi alle
finestre, altre con le porte di accesso in legno completamente spalancate.

I pavimenti sono in terra battuta, com’era una volta.
Le solette che dividono i vari piani, così come i tetti, quasi tutti sorretti da importanti travi di legno e molti dei quali
completamente crollati, hanno ancora la paglia che pende verso il basso, trascinata dagli inverni nevosi, dalle
piogge e dall’umidità.

Tanti anni fa, era la paglia l’isolante termico usato, quando i materiali di oggi non esistevano.
Marone è un borgo abbandonato, un borgo fantasma, incastonato tra l’Ossola e la Val Vigezzo, nel quale non
troverete nessun abitante, nessuna persona.

Avvolti dal silenzio, tra questi edifici rurali con le porte spalancate, qui non c’è più nessuno, sono scappati tutti.
Ma qual’è stato il motivo che ha portato gli abitanti di questo posto ad abbandonarlo completamente?
E’ un mistero.
Forse perché a Marone non arriva nessuna strada.
Forse perché la vita di montagna è particolarmente dura, soprattutto in inverno.
Anche nelle stalle non ci sono più gli animali.
Con la testa e con lo sguardo, entriamo in alcune case, dove qualche antica grata in ferro posata sul fronte della
finestra ha il compito di proteggere quello che oggi non esiste più.

Le antiche scale in pietra permettono di salire e raggiungere i piani superiori delle abitazioni, dove sopra vivevano i
proprietari e sotto erano presenti le stalle per gli animali.

Prestando molta attenzione, entriamo a vedere quello che resta di questi edifici pericolanti, con molte parti che
si sorreggono in un equilibrio instabile, formato prevalentemente da travi di legno che nella maggior parte dei casi
sono cedute col tempo e con le intemperie.

Le grandi mura in pietra, sorrette dalla calce, con i soffitti a volta, ci conducono all’interno delle stanze buie,
dove filtra solo la luce del giorno, che tenta di rischiarare quei pavimenti di terra battuta, sopra i quali troviamo lo
scheletro della struttura di un vecchio letto arrugginito e abbandonato da decenni.

Eppure anche questo paese ha sicuramente avuto una sua storia, dei momenti di allegria e di festa, delle tradizioni,
una vita.

Poco distante, sul muro esterno di una vecchia baita, si intravvede quello che resta di un affresco disegnato da
chissà chi, ma anche a testimonianza dell’importanza che un tempo aveva questo luogo.

Qualche vecchia anta in legno, appoggiata sui cardini arrugginiti e cigolanti è aperta a metà, probabilmente spostata
e sbattuta dal vento in una fredda giornata.

Le ragnatele sulle porte spalancate di alcune case, testimoniano che qui la vita del paese è un ricordo oramai
lontanissimo. 
A Marone c’è la chiesa parrocchiale, anch’essa chiusa, ma sbirciando dai buchi presenti nelle grandi porte in legno,
intravvediamo ancora qualche tovaglia appoggiata sull’altare.

Pensate che l’ultima messa è stata celebrata nel 1932.
Poi più nulla.
Su un lato del campanile c’è un antico orologio, con le lancette che si sono fermate alle ore 6 di chissà quale giorno,
così come si è fermato lo scorrimento del tempo di questo antico paese.

Il minuscolo cimitero, poco distante dalla chiesa, giace racchiuso tra le sue mura, protetto da un cancello
parzialmente scardinato.

In questo ambiente surreale, pensate che Marone ha anche la sua stazione ferroviaria tutt’ora in funzione e dove
i treni si “fermano a richiesta”.

Infatti, uscendo dal paese, e andando verso i prati a terrazzamento, dove molti anni fa pascolavano gli animali che
venivano allevati, troviamo una stradina in pietra che risale verso la montagna.

Percorriamo qualche minuto a piedi verso la periferia del paese, e in breve tempo si giunge alla linea ferroviaria
Vigezzina che da Domodossola conduce fino a Locarno in Svizzera.

I trenini che collegano tra loro i vari borghi, compreso quello di Marone, transitano lentamente.
La stazione è molto piccola, è ben tenuta, e ci ha stupito trovarla attiva e funzionante, considerando il fatto che il
paese è del tutto abbandonato da decenni e sono veramente pochi gli escursionisti che arrivano fino qui.

Dopo un’attenta visita a questo borgo fantasma, increduli di ciò che abbiamo visto, e stupiti che la vita di un intero
paese si sia volatilizzata così nel nulla, riprendiamo il sentiero che ci riporta verso Trontano e successivamente
verso Masera.

Si conclude così una piacevole escursione in un ambiente di montagna piuttosto solitario, che ci porta a vedere tre
paesini semplici, di cui di uno di essi, non restano che i ricordi di un lontano passato.

Relazione e fotografie di: Michele Giordano e Andreina Baj


Note:
percorso di trekking che si snoda prima su strade asfaltate secondarie, e poi attraversa i vigneti ossolani
posti sulla dorsale di Pello.

Ci si addentra successivamente in fitti boschi che conducono nell’abitato di Trontano e dopo una mezz’oretta di
cammino ai Mulini del Graglia, dove molti anni fa, veniva macinato il grano e cotto il pane.

Proseguendo all’interno di una rigogliosa vegetazione, dopo un’altra ora abbondante di cammino, si raggiunge il
borgo fantasma di Marone.

Un paese dove il tempo si è fermato da qualche decennio, un paese che non ha più nessun abitante, dove le case
sono tutte aperte, dove il silenzio avvolge ogni cosa.

Un trekking che ha tanta storia, tanti ricordi, tanti misteri custoditi nel cuore della Val Vigezzo.
E’ questo aspetto rende il tutto ancora più intrigante.