Cerca

Rifugio Alpe Nemes 1.950 m. – Malga Coltrondo 1.880 m. (Italia – Alto Adige)
bellissima escursione ad anello con le ciaspole e con vista magnifica sulle Dolomiti di Sesto e le Alpi Carniche

rifugio alpe nemes


Località di partenza:
passo Monte Croce di Comelico
Quota di partenza: 1.636 m.
Quota di arrivo: 1.950 m.
Dislivello: 314 m.
Posizione: il Rifugio Alpe Nemes si trova sopra il Passo Monte Croce di Comelico, nelle Alpi Carniche,
sul versante orientale della valle di Sesto e poco sopra il paese
La Malga Coltrondo si trova poco distante dal Passo Monte Croce di Comelico, sui pendii del Comelico
in territorio Veneto
Difficoltà: WT2 [scala dei livelli difficoltà]
Ore: 4h anello completo
Periodo: da dicembre ad aprile (per la salita invernale)
Attrezzatura richiesta: ciaspole o ramponi, bastoncini
Discesa: ad anello, tornando al Passo Monte Croce di Comelico passando dalla Malga Coltrondo
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli

È mattina presto e fuori si gela, il ghiaccio ha trasformato strade e marciapiedi in piste da hockey.
Auronzo di Cadore è ancora deserta, la gente con questo freddo ha preferito starsene ancora qualche ora sotto le coperte.
Salgo in auto con l’intenzione di raggiungere il Passo Monte Croce di Comelico che segna il confine tra le
Dolomiti (di Sesto) e le Alpi Carniche, rappresentando la porta d’ingresso dal Comelico alla Val Pusteria (e viceversa).
Superato il paese prendo per il Passo di Sant’Antonio (chiamato anche Passo di Monte Zovo), che dopo aver
raggiunto i 1.476 metri scende verso il bellissimo paese di Padola nel Comelico Superiore.
La statale che corre in mezzo ai boschi non è trafficata come su valichi più famosi, soprattutto ora che neve e ghiaccio
la fanno da padrone.
È una zona selvaggia dove la natura ha ancora il sopravvento sull’uomo e ai bordi della strada è già tanto se
si vede una malga o due.
Poco prima di giungere al passo una statale si stacca sulla destra e conduce all’altrettanto incantevole abitato di
Danta di Cadore mentre scendendo verso Padola, nella stagione più calda, si può fare una sosta al laghetto e alla
chiesetta di Sant’Anna.
Padola invece merita più di una visita, è un paesino incantato ai piedi delle ultime propaggini delle Dolomiti di Sesto e
al confine con l’Austria, e offre molto agli amanti della montagna in qualsiasi stagione.
Superato anche questo paese, inizio dolcemente a salire verso il Passo Monte Croce dove lascio l’auto nel parcheggio
di fronte all’hotel Kreuzberg, poco dopo il cartello che segna il punto più alto del passo.
Il tempo di giungere fin qui, poco più di mezz’ora, e il sole è già scomparso dietro una fitta coltre di nubi.
Da previsioni non dovrebbe nevicare, ma le belle vedute su questi monti saranno certamente limitate.
Da un punto di vista paesaggistico e ambientale, appena arrivati qui si rimane spiazzati o almeno così è successo a me.
Da una parte le meravigliose Dolomiti di Sesto dove si innalzano i contrafforti del gruppo dei Tre Scarperi e
della Croda Rossa di Sesto, mentre dall’altra i dolci pendii della Carnia che salgono verso cime un po’ più alte al
confine con l’Austria.
Due versanti diametralmente opposti.
Severo, ripido e dirupato quello verso le Dolomiti, dolce e accogliente quello della Carnia.
Ma la cosa più curiosa e inspiegabile è un’altra: la natura è selvaggia e l’ambiente incontaminato con qualche malga e
rifugio oltre il limitare superiore del bosco.
Inutile dire che i percorsi a piedi, con ciaspole o sci con pelli, sono quindi numerosissimi (e così deve essere) e rendono l’immersione nella natura e il contatto con la montagna davvero magico.

Ai piedi invece delle Dolomiti di Sesto, patrimonio UNESCO, che offrono il maggior punto di interesse per quanto
riguarda il panorama, sono invece state costruite svariate piste da sci di discesa, conformando questi pendii e
canaloni alla volontà dell’uomo.
Rimango fermo nel parcheggio sbalordito vedendo tale danno (perché questo lo considero).
Ma com’è possibile dico io? Posti così belli e cime così maestose rovinate da autostrade che attraversano i boschi e
brulicanti di formiche intente a fare su e giù tutto il giorno.
Non sarebbe più bella e gratificante una salita con gli sci e le pelli alla base di queste pareti verticali solo con le proprie
gambe, per poi affrontare una discesa tra boschi e prati immacolati?
Dal parcheggio parte una pista battuta frequentemente che sale in modo graduale fino agli alpeggi dell’Alpe Nemes
quindi seguendo le curve della strada con meno di 400 metri di dislivello si arriva.
Alcune persone prima di me, stanno già calpestando questa traccia.
Traccia che non seguirò integralmente.
Questa, infatti, è la salita “turistica” e super frequentata.
Io che amo sempre vivere la montagna più selvaggia e isolata, dopo la prima curva mi invento un percorso
“dritto per dritto” su per il bosco, a volte seguendo altre impronte e altre volte tracciando in neve fresca.
Dimentico la meta, l’itinerario, tutto.
Tanto so che su questi pendii così docili non ci si perde e prima o poi si arriva a destinazione.
A coloro che vorranno visitare questi luoghi d’inverno e amano un contatto più diretto con la natura, consiglio di fare
la stessa cosa senza paura.
Inizio a serpeggiare letteralmente tra una conifera e l’altra, alcune nane e altre gigantesche.
Nei pressi del passo questi alberi sono poveri di neve ma dopo pochi metri ne sono letteralmente ricoperti.
È uno spettacolo essere circondati da questi alberi così maestosi dove il silenzio e la quiete sono di casa.
Prendo più o meno una linea dritta anche se numerose tracce portano in direzioni diverse per il bosco.
Ad un certo punto, in una piccola radura povera di conifere, mi trovo di fronte quello che sembra una roccia gigantesca.
Sono stupito e incuriosito.
Cosa ci fa qui un masso così enorme dove tutto intorno ci sono solo alberi?
Avvicinandomi scopro ben presto non essere una roccia, troppo perfetta e arrotondata.
Trattasi infatti di una casamatta militare con ingressi e feritoie ora semisepolti dalla neve!
Questa fortificazione, una delle tante dell’Alto Adige, fu fatta costruire da Mussolini per timore di un tradimento dell’alleato
nazista e quindi di un’invasione del paese dal nord.
In realtà queste postazioni non vennero mai utilizzate, ma testimoniano comunque l’assurdità di un’alleanza
per altro incerta.
Questa linea difensiva prende il nome di Vallo Alpino del Littorio, fu fatto costruire nel 1931 ma ufficializzato di nome
solo il 13 marzo 1940.
Comprende appunto numerose casematte e bunker presidiati prima della Seconda Guerra Mondiale dalle unità della
“GaF”, il corpo di Guardia alla Frontiera.
Le popolazioni locali chiamavano questa linea di difesa “linea del non mi fido” con palese riferimento ironico
alla Linea Sigfrido, una linea fortificata tedesca costruita durante il primo conflitto mondiale come parte
della Linea Hindenburg.
Con tutta questa neve è davvero un peccato non raccogliere qualche testimonianza fotografica per capire meglio
la storia militare (e le assurdità) di quel periodo.
Certo è che questo bunker è veramente colossale, rettangolare nel lato sud e circolare in quello nord.
Poco oltre la fortificazione mi ritrovo senza volerlo di nuovo sulla pista battuta che sale al rifugio e precisamente in
corrispondenza di un bivio dove vedo confabulare molte persone.
Tuttavia, questo bivio è molto importante in quanto indica chiaramente la direzione da seguire per compiere poi un
anello in senso orario (anche se nulla vieta di fare il giro al contrario). 

Lascio quindi a destra la deviazione per la malga Coltrondo e procedo dritto, inizialmente su questa larga traccia e
poi di nuovo nel bosco che però dopo pochi metri giunge quasi al termine, lasciando spazio a pascoli e alpeggi imbiancati.
Inizio di nuovo a seguire scorciatoie tracciando spesso in neve fresca fino a ritrovarmi in un bellissimo pianoro dal
quale si intravedere una parte della piramide del Col Quaternà che si innalza alle spalle e a sinistra del Rifugio Alpe Nemes.
Purtroppo le nubi grigie stanno lentamente scendendo e mettendo il cappello a queste montagne così da limitare la visuale. Rimontando ancora qualche metro di dislivello su questi ampi pendii, raggiungo il Rifugio Aple Nemes che trovo
imballato di persone all’interno, ma deserto sul terrazzino esterno.
Qualche raggio di sole regala il vero spettacolo della giornata, la vista sulle Dolomiti di Sesto con la Croda Rossa e
i Tre Scarperi in primo piano.
Dopo una breve sosta sono già pronto a ripartire, non verso il Passo Monte Croce, ma lungo la pista sempre battuta che
con un bel percorso raggiunge la malga Coltrondo.
Un cartello attaccato alla staccionata dell’alpeggio vicino al rifugio indica in 3,2 km la distanza da questa malga e
9 km quella per il ritorno al parcheggio del passo.
Riprendo la mia andatura con le ciaspole ai piedi e mi incammino lungo la “pista panoramica”, come viene chiamata.
Questa è la parte che regala più soddisfazioni a chi ama camminare sulla neve in quanto offre oltre al panorama
sulle Dolomiti visibile anche dal rifugio, anche quello su parte della Carnia con il Col Quaternà già citato prima.
Ovviamente, la presenza del sole non sarebbe un dettaglio.
Non solo, ma questa parte è molto poco frequentata in quanto la massa di gente che sale dal passo si ferma al rifugio.
In genere, come mi capita di vedere, solo i più allenati o chi pratica scialpinismo compie tutto l’anello che,
in realtà, pur avvicinandosi ai 15 km totali risulta davvero facilissimo e con una pendenza irrisoria. 

Il tracciato supera l’alpeggio Nemes e prende a salire molto lievemente verso il confine austriaco per poi rituffarsi
in discesa verso destra nei boschi di conifere fino alla malga Coltrondo.
Bellissima da qui la vista sul Comelico con l’abitato di Padola, un’oasi circondata da boschi e montagne severe.
Con mia sorpresa la malga è aperta e con essa anche la stalla situata accanto a essa.
Funziona a pieno regime e le mucche, tutte all’esterno della struttura ma nel loro recinto, cercano di farsi largo tra
cumuli di neve alla ricerca del fieno che è stato messo a loro disposizione in grosse quantità su apposite mangiatoie.
Colgo anche l’attimo in cui una mucca sta perfino allattando il suo vitellino.
Mi fermo giusto il tempo di qualche foto, le nubi si sono infatti tinte di nero nascondendo una leggera minaccia. 
Riprendo la discesa all’interno del bosco tagliandolo sempre su bella pista in obliquo, fino a ricongiungermi col bivio nei
pressi del bunker incontrato all’andata.
Lascio nuovamente il percorso principale per tagliare tra le conifere lungo una traccia ancora diversa rispetto a
quella presa in mattinata.
Ma il bello è proprio questo.
Passo quindi accanto alla piccola cappella di St. Michael e in breve raggiungo la mia auto al Passo Monte Croce.
Un’escursione fantastica, facile che merita veramente e che consiglio a tutti.
Sopportando purtroppo anche la vista delle opere di distruzione create dall’uomo.

Relazione e fotografie di: Daniele Repossi


Note:
bellissima escursione ad anello con le ciaspole e con vista magnifica sulle Dolomiti di Sesto e le Alpi Carniche.
Il percorso non presenta nessuna difficoltà.