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Rifugio Maria Luisa 2.160 m. – Lago Toggia 2.191 m. – Lago Kastel 2.210 m.
(Italia – Val Formazza)

salita facile e piacevole su traccia battuta dal gatto delle nevi fino al Lago Toggia
percorso su ghiaccio o neve fresca dal Rifugio al Lago Kastel, panorama splendido

rifugio maria luisa

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Località di partenza:
Riale, Val Formazza

Quota di partenza: 1.731 m.
Quota di arrivo: 2.271 m. (quota max. sopra al lago Castel)
Dislivello: 560 m. (dislivello positivo)
Posizione: il Rifugio Maria Luisa si trova in Val Toggia (alta Val Formazza),
poco distante dal Lago Toggia e dal Lago Castel

Difficoltà: WT2 [scala livelli difficoltà]
Ore: 4h a/r
Periodo: da dicembre ad aprile, con buon innevamento
Attrezzatura richiesta: ciaspole e bastoncini (nel periodo invernale)
classica da trekking (nel periodo estivo)

Discesa: per la via di salita
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli

È una fredda e ventosa giornata di fine febbraio ma fortunatamente in cielo splende il sole.
Mi trovo in un luogo incantato che sembra essere uscito da un libro di fiabe, un luogo che però ormai in molti
conoscono e il progressivo aumento di gente con annesso via-vai intorno a me è un chiaro segnale.
Sono a Riale, alla testata della Val Formazza e stamane sono partito piuttosto presto dall’hotel di Baceno
dove sono alloggiato.
Ho appena trovato parcheggio presso l’hotel-ristoro Aalts Dorf e sono stato fortunato, anche perché d’inverno è l’unico
piazzale dove si può lasciare l’auto.
I posti in questa stagione, causa cumuli di ghiaccio e neve, sono inferiori rispetto a quelli disponibili in estate e
occorre non tardare troppo.

Mi preparo infilandomi la giacca tecnica, aggancio le ciaspole, prendendo i bastoncini e coprendomi molto bene
la testa col passamontagna inizio a incamminarmi.

Sono in ombra e, nonostante la bella giornata, il vento sferza con intensità, facendomi percepire una temperatura
più bassa del normale.
Sono ben coperto e attrezzato, la cosa ora non mi preoccupa ma devo carburare e scaldarmi.

Spero solo che lassù, al Rifugio Maria Luisa che ho scelto come meta odierna, il vento sia più calmo e il sole più caldo.
Il rifugio è uno dei pochi nella zona ad essere aperto anche in questa stagione, e non appena l’ho saputo
ho puntato in questa direzione.
Tutti gli altri, molto più in quota e su pendii più a rischio slavine, sono chiusi.
Muovo i primi passi sugli ultimi metri della strada per Riale, iniziando a scaldarmi un po’ sotto i raggi del sole.
La termica che indosso inizia a “lavorare” così che dopo qualche metro non sento più nulla.
Il posto, come dicevo prima, è veramente magico e surreale e questo lo vedo guardandomi intorno.
Sono in una conca pianeggiante, una valle nella valle, chiusa da montagne severe e altissime, per metà italiane e
per metà svizzere.
C’è veramente molta neve che però il freddo dei giorni scorsi ha ben pressato e solidificato su questi versanti.
Il tutto è uno spettacolo per gli occhi e, alla fine, basterebbe mettersi su una sdraio al centro di questo pianoro per
fare il pieno di tanta bellezza, oltre che di una bella abbronzatura.
Qui d’estate vi è un ricco pascolo dove la gente passeggia, magari dopo essersi riempita la pancia in una delle
baite tipiche di Riale, mentre ora è un circuito per lo sci di fondo, (a pagamento) nel quale le camminate sono precluse.
Oggi è tutto un brulicare di persone, chi si fionda sul circuito del fondo e chi passeggia lungo la strada e tra
le case di Riale.
Poco prima di queste, giro a destra sulla strada (ancora per pochi metri asfaltata), seguendo le indicazioni
per il Rifugio Maria Luisa.

D’estate in questo punto termina l’asfalto e la strada che sale a tornanti diventa sterrata.
Ben visibile anche da quaggiù tutta la prima parte del percorso che, a guardarla bene, sembra una salita a curve di
un qualsiasi passo alpino.
Ora, con più di un metro di neve la strada non c’è, e al suo posto ci sono i circuiti per lo sci di fondo, inframezzati

da neve fresca.
Poco oltre, un po’ più in alto, compare di nuovo la strada battuta dal gatto che sale al rifugio.
Mi trovo costretto ad oltrepassare questa zona un po’ confusa dove una vera traccia non c’è.
Sperando che nessuno mi dica nulla, (ma d’altronde non ne vedrei il motivo dato che non è stato previsto un passaggio
per gli escursionisti), attraverso in sequenza i tre tracciati per il fondo, stando attendo a non rovinare i binari per
gli sci con le mie ciaspole, le quali però inevitabilmente lasciano il solco.
In mezzo ai tre percorsi con tutta questa neve è una fatica avanzare anche con le ciaspole.
Dopo l’ultimo attraversamento, inizio a salire per il pendio sempre in neve fresca, fino a riportarmi sulla strada giusta
che ricompare come per magia.
Ho fatto questo pezzo un po’ di corsa per non sostare e non intralciare in mezzo al circuito del fondo, per cui ora
prendo fiato nei pressi di un primo tornante guardandomi intorno.
Come prevedevo nessuno del gruppo che ho incontrato al parcheggio è salito.
Qualcuno che sale c’è, poca gente comunque.
Chi con gli sci, chi a piedi e chi, come me, con le ciaspole.
Questo percorso, anche se abbastanza ripido e faticoso, è ben battuto e, in giornate come questa con la neve assestata,
non pone problemi di pericolo valanghe, nonostante “tagli” più volte questo pendio.
Per le prime curve, a quest’ora del mattino, sono ancora in ombra ma, man mano che salgo, arrivo nel tratto soleggiato
e assisto ad uno scenario da favola.
In lontananza alla mia sinistra si stagliano i monti che contornano il bacino del Lago di Morasco (ora ghiacciato) come
il Monte Immel, la Punta di Morasco e il Corno di Ban, tutti rigorosamente pieni di neve.
Subito sotto la magnifica Piana di Riale, piuttosto estesa a dire la verità, dove le poche case che formano questo allegro
paesino sono tutte ravvicinate tra di loro e sembrano emergere dal manto nevoso.
Poco sopra questo sparuto gruppetto di tetti, su di una collinetta, una bellissima chiesetta bianca e solitaria
(la chiesa di S. Anna) sembra fare da guardia alla valle.
Non c’è che dire, sono proprio finito in un quadro dipinto con paesaggio invernale! 

Qua e là, tutti in fila, folti gruppi di fondisti si muovono su e giù per il circuito tracciato per loro, che si spinge fin
sotto la diga del lago di Morasco.
Non è certo la prima volta che salgo d’inverno in montagna e ammiro questo tipo di scenario ma oggi, dalla
posizione in cui mi trovo e vedendo questi monti, sono rimasto davvero impressionato, tanto che dalla partenza ho
continuato a ripetere una sola parola. Wow!
Continuo a salire lungo questa strada a tornanti fino ad arrivare in cima a questo pendio, nei pressi di alcune antenne.
È passata circa un’oretta e fin qui il vento non ha dato tregua un secondo, obbligandomi a restare con
giacca e passamontagna.
La strada entra ora decisamente più all’interno in direzione della Val Toggia invitandomi a percorrere una specie di gola.
Se non altro, anche se per un breve periodo, il vento qui cala un po’ la sua furia.
Ho lasciato da un po’ il panorama verso Riale per abbracciare quello di questi monti senza nome,
che mi accompagnano verso il rifugio.
Rimango impressionato dalla quantità di neve che qui sfiora i due metri, che cambiamento!
Soprattutto se penso che dal paese di Baceno da dove sono partito, di neve non ce n’era proprio.
Passo accanto ad una piccola depressione e dalla cartina saprò poi che in fondo ad essa si trova il piccolo Lago di Roni,
ora indistinguibile dalla coltre nevosa.
Mentre avanzo in quest’ultimo tratto dalla pendenza quasi inesistente lo spettacolo bianco intorno a me non ha mai fine.
Neve, neve ovunque, anche dentro me a volte, dato che spesso le folate di vento me ne fanno assaggiare un po’.
Ben presto mi ritrovo poco distante dallo sbarramento della diga di Toggia.
Sotto il muraglione vi sono le case dei guardiani, mentre poco sopra la baita Darioli.
Seguendo il tracciato battuto, svolto a sinistra e davanti a me compare il Rifugio Maria Luisa, o almeno la parte di esso
che non è sepolta dalla neve.
Bello e buffo allo stesso tempo.
Il rifugio è aperto, dato che la bandiera sventola accanto alla struttura e anche la porta e le finestre non sono sbarrate.
Ma di queste vedo gli ultimi centimetri in alto, l’altezza della neve è impressionante come noto anche osservando il tetto.
Non sono solo e davanti alla porta d’ingresso c’è altra gente arrivata fin qui con gli sci.
Entro solo per pochi minuti nella struttura, il tempo di scaldarmi un attimo e bere qualcosa di caldo.
Con una giornata così limpida sarebbe un peccato perdersi le meraviglie che si trovano fuori.
In verità, lo ammetto, vedendo questi monti mi viene voglia di proseguire con le ciaspole e magari salire un po’ su
questi versanti, ma con tutta questa neve il rischio sarebbe troppo elevato.
Senza contare che la maggior parte degli itinerari ora è preclusa.

La strada che dal fondovalle arriva fin qui prosegue ancora un po’ e, almeno fino al Lago Toggia, è battuta.
Questo lago dista solo un quarto d’ora dal rifugio ed è un’ottima occasione per visitarlo.
Arrivato al muraglione della diga distinguo chiaramente questa grande massa d’acqua, gelata ora, che mi regala un
altro spettacolo incredibile.
Poco distante dal muraglione della diga, solo una piccola pozza rotonda è libera dai ghiacci, buffo anche questo.
Lo scenario è veramente superlativo dove le cime di Marchhorn, Pizzo Fiorina e Rupe del Gesso fanno da
contorno a questo lago.
All’estremità opposta di questo invece, non vi sono monti ma il morbido altopiano col Passo di San Giacomo che
conduce verso la Val Bedretto in Svizzera.
Il sentiero per raggiungerlo però è inesistente in questa stagione e al suo posto ripidi pendii colmi di neve precipitano
nelle acque del Toggia.
Rimango immobile diversi minuti ad osservare questo scenario, tanto più che in questo punto il vento è cessato.
Scatto una foto anche al camminamento della diga, giusto per rendermi conto di quanta neve ci sia.
Per dare l’idea, il livello della neve, supera l’altezza del parapetto e, camminandoci sopra (cosa che non farò) sarei
privo di protezione da un salto di 44 metri.
Se devo essere sincero una nota stonata c’è.
Sono tutti i tralicci dell’alta tensione, onnipresenti ogniqualvolta vi sia un bacino d’acqua artificiale.
Un paesaggio così bello non può essere rovinato da queste opere dell’uomo così invasive.
D’accordo che l’energia serve e in qualche modo va trasportata a valle, ma non esistono altre soluzioni meno impattanti?
Ritorno verso il rifugio e riprendo la strada percorsa all’andata ma solo per un breve tratto.
In corrispondenza di una casa dei guardiani della diga, proprio sotto la parete ovest della Punta del Castel, inizio a salire
senza via obbligata un piccolo rilievo molto ripido.
Mi trovo in una specie di altopiano deserto dove qua e là ogni tanto spunta un alpeggio, proprio ai piedi di queste
cime maestose.
Poco più avanti giungo ad un altro sbarramento dove subito oltre si estende il Lago Castel, anch’esso gelato.
Questa diga è praticamente indistinguibile coperta com’è dalla neve.
Sembra che in questo inverno bizzarro, la parte di neve destinata alle zone più a valle si sia accumulata tutta qui.
Un piccolo sentiero lambisce questo lago e prosegue verso l’Alpe Ghighel ma ora sarebbe troppo pericoloso percorrerlo.
Rimonto quindi il piccolo rilievo alla mia destra fino a raggiungerne l’ampia cresta dalla quale ho una vista spettacolare
non solo sul lago, ma anche su Riale col Lago di Morasco sullo sfondo.
Appena tocco la sommità il vento mi ricorda che lui è sempre lì, non mi ha abbandonato.
Soffia forte, gelido, e a volte mi butta indietro.
Mi spingo fino al punto più panoramico, che sulla mia cartina è indicato come quota 2.271 metri.
È veramente un’esperienza unica percorrere questo tratto, sembra proprio di volare su questi monti.
Da una parte e dall’altra le catene dei monti si estendono a perdita d’occhio, non riesco nemmeno a contare tutte
le cime che vedo.
Fermo su questo pulpito estremamente panoramico ci resto un bel po’, anche se il vento è micidiale.
Mi ulula letteralmente nelle orecchie.
Non ho freddo e resisto, ho addosso tre strati e grazie alla qualità dei loro tessuti non mi fanno percepire la
bassa temperatura.
Sorrido e mi commuovo di gioia di fronte a tanta bellezza.

Oggi non ho fatto un itinerario complesso, non sono salito su qualche cima particolare, né fatto anelli o traversate.
È bastato poco, solo una passeggiata con le ciaspole con scarso dislivello che chiunque può fare.
Spesso le mete più semplici regalano le maggiori soddisfazioni, senza per forza essere alpinisti.
Che colori, che luce e che armonia!
Ecco, io la mia sdraio la piazzerei qui, su questa piccola terrazzina dalla quale se mi affaccio nel vuoto, vedo al di sotto
la valle con Riale e la sua chiesetta, il ristoro Aalts Dorf e anche la mia auto.
Una buona fetta della Val Formazza si distende all’orizzonte.
Solo l’orologio mi obbliga a prendere la via del ritorno e questo a pomeriggio inoltrato.
La strada, comoda e piacevole mi conduce lentamente al parcheggio quando gli ultimi raggi del sole mi regalano
gli ultimi riflessi di questa giornata meravigliosa.
Una zona favolosa, magnifica e ben lontana dal turismo di massa fatto di impianti di risalita e rumore.
Un quadretto nel quale consiglio vivamente di entrare per assaggiarne i colori e viverne l’ambiente. 

Relazione e fotografie di: Daniele Repossi


Note:
salita facile e piacevole su traccia battuta dal gatto delle nevi fino al Lago Toggia.
Percorso su ghiaccio o neve fresca dal Rifugio al Lago Castel.
Splendido il panorama verso il Passo di San giacomo e verso i monti della Val Formazza.