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Sentiero delle Ramate 320 m. (Italia – Pietra Ligure)
scenari e panorami incantevoli verso la costa e verso la collina, si contrappongono a un percorso che
attraversa zone isolate, alle volte prive di segnaletica

sentiero delle ramate


Località di partenza:
Campo Sportivo Giacomo De Vincenzi, Pietra Ligure (SV)

Quota di partenza: 7 m.
Quota massima: 320 m. (Torre di Bastia)
Dislivello: 701 m. (dislivello totale positivo)
Posizione: l’anello qui descritto comprende ampie porzioni di territorio lungo la costa e nell’immediato entroterra
di Pietra Ligure e Borgio Verezzi. I due paesi vicini sono Finale Ligure e Loano
Difficoltà: E [scala dei livelli delle difficoltà]
Segnaletica e n° di sentiero: vari cartelli, e sentiero senza numerazione
Ore: 4h 30’ (anello completo) 
la tempistica non considera le soste da mettere in conto per visitare tutti i principali punti di interesse e
soffermarsi in uno dei numerosi punti panoramici
Distanza: 15,7 km
Tipo di terreno: strade asfaltate, strade sterrate, sentiero, pietrisco, roccette, erba
Periodo: tutto l’anno
Acqua lungo il percorso: nei bar di Borgio, alla fontanella su M. Grosso, a Gorra (fontanella), alla chiesetta di
San Martino (verificare i giorni e gli orari di apertura che possono cambiare a seconda della stagione) e in qualche
locale a Piazza, borgata di Verezzi
Le tappe del percorso: Campo Sportivo G. De Vincenzi (Pietra Ligure) – Nostra Signora del Buon Consiglio –
Monte Grosso – Area pic-nic Monte Grosso – Via Oliveto – Concezione – Via Bottassano – Gorra –
Fontanella degli Alpini – Loc. Fontana – Torre di Bastia – Chiesetta di San Martino Vescovo – Poggio – Piazza –
Grotte di Borgio – Campo Sportivo G. De Vincenzi

Attrezzatura richiesta: normale da escursionismo (si raccomandano pantaloni lunghi)
Ritorno: il percorso è ad anello, seguire la cartina e i dettagli riportati nello scritto per avere informazioni precise
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli


Tecnicamente in breve

Dal parcheggio dello stadio di Pietra Ligure Giacomo de Vincenzi, si cammina in direzione Borgio per via Santo Stefano
fino al primo incrocio dove, sulla sinistra, si prosegue su v
ia Pian dei Rossi, passando accanto alla chiesa di
Nostra Signora Buon Consiglio.
Dopo circa 150 metri si svolta a sinistra, solo per qualche metro, in v
ia Chiappelle per prendere subito a destra il
sentiero sterrato in direzione del
Monte Grosso, (indicazione Sentiero delle Ramate), che tra terreni coltivati,
porta alle pendici della montagna.
All’inizio si inizia a salire tra muretti a secco nella folta vegetazione, per poi affrontare qualche elementare passaggio
su roccette e quindi avanzare su traccia più larga, poco pendente, a tornanti fra grandi coltivazioni di ulivi e pini marittimi.
Rimontando qualche altro tornante su roccette, si esce dal bosco e si sale presso la vetta del
Monte Grosso (299 m.) 
Continuando sempre dritti tra la vegetazione, si giunge in una grande area pic-nic.
Ancora dritti, in discesa, prima su sentiero, poi su strada sterrata, si arriva ad un incrocio, poco dopo un
centro addestramento cani, nel quale si svolta a sinistra.
Dopo pochi metri in discesa lungo l’asfalto (v
ia Oliveto), oltrepassato un grosso ripetitore, si gira subito a destra
(indicazioni
Ramate e Bottassano), e si prosegue lungo la comoda e larga sterrata che si inoltra tra gli uliveti.
Al bivio successivo ci si tiene a sinistra (indicazione).
Si procede quindi per la lunga discesa tra ulivi, roverelle e arbusti, su larga strada sterrata, fino a proseguire più in
basso sulla destra lungo un tratto di asfalto.
Nei pressi della prima casa sulla sinistra, accanto al
Torrente Bottassano, si lascia l’asfalto che torna verso
Pietra e Borgio e si imbocca l’esile traccia fra arbusti accanto al cancello della casa (piccola indicazione nascosta
dalla vegetazione).
Da qui in poi non ci sono più cartelli del Sentiero Ramate.
Si attraversa il Bottassano, per poi risalire su quella che pare una pista di mtb.
Al primo bivio, si ignora il largo sentiero che sale a sinistra verso Gorra e si procede a destra (direzione sud-est),
attraversando una bella faggeta.
Ci si ricongiungerà al termine di questa con una strada sterrata che scende da Gorra tra i terrazzamenti coltivati ad ulivo.
Se ne percorre un buon tratto in leggera salita, per poi abbandonarla di nuovo al successivo bivio, dove si
continua lungo il sentierino sulla destra (est).
Ignorato un successivo bivio sulla destra, sempre dritto, si esce lungo l’asfalto in v
ia Borgio a Gorra e, ancora qualche
metro dritto, si arriva in centro al paese, presso la
chiesa di San Bartolomeo.
Da questa, voltandosi verso sud in direzione mare, si cammina per pochi passi lungo lo stradone di Gorra che scende
a Finale per poi svoltare subito a destra in v
ia Bracciale.
Si continua fino a superare la
Chiesa di San Bartolomeo Nuova: dopo due piccole curve della strada, verso destra e
sinistra, parte un sentierino, sempre a sinistra, di non facile individuazione e che scende tra la vegetazione
(indicazione
Fontana degli Alpini).
Una volta percorso questo interamente, si uscirà lungo l’asfalto in
Località Fontana.
Dopo qualche metro in salita lungo l’asfalto, la strada termina: si prosegue quindi su sentiero che da qui parte e
che, attraversando vari orti, giunge nuovamente a Gorra.
Arrivati alle prime case, si svolta a sinistra per qualche metro, in vista di un incrocio con via Bracciale.
Senza raggiungere tale incrocio si prende la traccia sulla sinistra e ci si inoltra nel bosco di faggi e ulivi.
Ad un evidente bivio, si sale decisamente sulla destra fino a congiungersi col grande stradone sterrato che collega
la
Torre di Bastia e Gorra alla Chiesetta di San Martino.
Una piccola deviazione, prima a destra verso Gorra e poi imboccando una delle tracce di sentiero tra i faggi sulla sinistra,
porta a visitare la
Torre di Bastia (320 m.) 
Tornati sulla grande pista sterrata si insiste verso sud-est; si passa accanto al recinto di una proprietà privata e,
sempre dritto (indicazioni), si continua verso la chiesa soprastante Verezzi.
Ci si tiene sempre lungo la via principale, senza mai deviare.
Si oltrepassa un grande ripetitore e, dopo un bel tratto di agevole passeggiata, si giunge, in ordine, alla
Croce dei Santi,
al
Mulino Fenicio e infine alla Chiesa di San Martino.
Dalla stessa si scende verso Borgio infilando la sottostante v
ia da Ciappa.
Al termine della stessa ci si troverà sulla strada asfaltata che sale da Borgio (v
ia Nazario Sauro).
Tenendo la destra, dopo pochi metri di leggera salita si arriva a
Piazza, nel centro della quale, prima di
Piazza S. Agostino, scende un’antica mulattiera (via Erxi), che si percorre fino all’Edicola Votiva di S. Giuseppe (bivio).
Ci si tiene a sinistra per un tratto di v
ia San Giuseppe senza giungere al tornante di Via Nazario Sauro.
Qualche metro prima, sulla destra, si imbocca e si scende per un’altra mulattiera (v
ia dei Pasti).
Giunti a Borgio, si continua dritti fino al secondo incrocio con v
ia Trento e Trieste, che si prende sulla destra e si percorre
interamente fino a sbucare di fronte all’ingresso delle
Grotte di Borgio Verezzi.
Da questo punto si scende verso il mare per v
ia Colombo fino al parcheggio sulla destra, dal quale si prende,
via Valdemino e poi, sulla sinistra, via del Municipio, fino ad uscire in via Giacomo Matteotti.
Ora a destra e poi ad un grande incrocio di nuovo a destra,
Via Bottassano, per arrivare alla deviazione sulla sinistra
per v
ia Santo Stefano, trovandosi nuovamente di fronte alla Chiesa di Nostra Signora del Buon Consiglio, dalla quale
si termina l’anello arrivando al parcheggio dello stadio di Pietra Ligure.

Prima premessa fondamentale: questo sentiero è consigliato a chi è solito macinare qualche chilometro su vari tipi
di terreni, ma non è per tutti.
Pur di pregevole bellezza, soprattutto nella prima e ultima parte (le più meritevoli), la lunghezza e la difficoltà di
orientamento lungo il tratto centrale nell’entroterra, lo rendono sconsigliabile e chi non ha una buona dimestichezza
a muoversi agevolmente in ambienti isolati e a destreggiarsi talvolta senza chiari riferimenti visivi.
Chi non se la sentisse di affrontare questo itinerario, può dedicarsi alla percorrenza di uno dei sentieri della rete
“Borgio Natura”, descritti ampiamente nel nostro sito
Seconda premessa: il Sentiero delle Ramate è formato da due percorsi, uno breve di circa 8 km e uno più lungo,
(qui descritto), di quasi 16 km.
Ho ignorato volutamente quello breve per due motivi.
Il primo e principale risiede nel taglio netto dell’ultimo tratto, (il più panoramico) in quanto la salita al Monte Grosso sotto
questo punto di vista è da urlo, oltre che il più interessante a livello ambientale, culturale, geologico e storico.
La vita e le tradizioni di questo territorio sono anche qui, e nel descrivere un’escursione è importante a mio avviso
tenerne conto.
Il secondo motivo vede il percorso breve troncarsi “brutalmente” a metà lungo le sponde del Torrente Bottassano e
tornare verso la costa da una “banale” (ma non trafficata) strada asfaltata, quindi di scarso interesse paesaggistico,
per giunta passando sotto la rumorosissima Autostrada dei Fiori.
A mio avviso tale anello rimane giustificato solo a scopo di corse e maratone che qui periodicamente si svolgono
(queste anche sul più lungo tracciato), ma non per un’esperienza di trekking gratificante.
Terza premessa: o meglio, caldo consiglio: data l’inesistenza di specifiche carte topografiche della zona
(quelle pur ben fatte che illustrano anche le Alte Vie non riescono a scendere nei dettagli e a porre in evidenza le
numerose deviazioni).

Stampate le mappe che qui proponiamo e le note tecniche o quantomeno tenetele nei vostri smartphone
(il segnale e la rete sono presenti lungo tutto il tragitto).
Serviranno come preziosa guida.

Comodi e rilassati, potete leggere quali avventure ed esperienze offre questo curioso itinerario che, come detto,
ha solo il difetto di non essere indicato nella sua interezza e di non adottare una segnaletica uniforme in tutte le
sue parti (cartelli, foglietti, paline e scritte di vari colori, ove presenti, fanno un po’ a pugni tra loro).
E’ in una incerta giornata di gennaio, sotto un cielo un po’ nuvoloso, che mi porto dal lungomare di Pietra Ligure al
parcheggio dello stadio comunale.
E’ incredibile notare come la gente in riviera resti concentrata in un fazzoletto di terra, il lungomare e i caruggi storici
dei vari paesi, mentre appena le immediate vie più all’interno risultino completamente deserte.
E’ evidente che tutti vanno al mare per passeggiare, ma come ho scoperto durante le mie camminate, anche la parte
più interna offre cose interessantissime.
 Invece nulla, o quasi: in giro non vedo anima viva.
Dopo un paio di svolte mi compare di fronte il Monte Grosso il cui nome, almeno visivamente, fa riferimento alla sua
estensione e non alla sua altezza.
Alla mia destra sono già le prime case di Borgio dalle quali emerge il duomo di San Pietro e, più in alto, alle spalle,
le verdi e dolci pendici collinari, punteggiate qua e là da sparuti gruppi di case: sono le borgate di Verezzi, Crosa,
Roccaro, Piazza e Poggio, sovrastate dalla bella Chiesetta di San Martino Vescovo alla quale arriverò più tardi.
Una fattoria e un bel campo di ulivi danno il via alla pista sterrata in direzione della montagna.

Il viaggio inizia e per ora il tracciato mi culla abbastanza dolcemente tra vecchi muretti a secco, qua e là franati e
bisognosi di intervento umano.
Man mano i campi coltivati si diradano e lasciano il posto alla fitta vegetazione, la quale però non invade il sentiero
che si mantiene pulito e largo.
Scorci panoramici su Borgio appaiono all’improvviso tra rami e arbusti, facendomi ripensare alle bellissime giornate
trascorse a percorrere i vari sentieri tra i borghi di Verezzi e lungo il promontorio di Gallinari, che ora conosco bene
(che vista da lassù, a picco sul mare!) e che a breve raggiungerò.
Il sentiero ora si fa più largo e inizia a salire molto dolcemente lungo il versante sud del Monte Grosso con una lunga
sequenza di tornanti, all’inizio all’ombra degli ulivi, poi sotto le chiome di giganteschi pini marittimi, molti purtroppo
secchi e mezzi morti.
Questa, se non vado errata, era un’antica via romana e non so se i bei muretti di sostegno che vedo, risalgano a
quell’epoca, opportunamente riattati, oppure sono stati costruiti ex novo per i terrazzamenti coltivati a uliveti.
Tra le piante il panorama inizia a farsi largo ma per ora solo verso Borgio Verezzi.
I pini monumentali nascondono ancora la parte restante della costa e il mare.
Pochi metri più su le cose lentamente cambiano: la vegetazione si abbassa e i pini lasciano il posto alla macchia
mediterranea, caratterizzata da arbusti e cespugli di un’infinità di specie diverse.
Prima verso Pietra, poi sul porto di Loano e infine a 180° su tutta la costa, appare qualcosa di meraviglioso che vale
la pena vivere.
E dire che in gioventù sono venuto per vent’anni in questi posti senza mai scoprire a fondo le bellezze del territorio!
Cosa mi ero perso!

Qui potrebbe concludersi la gita, basterebbe sedersi su una roccia e contemplare il mare.
Dalla Caprazoppa a Capo Mele lo spettacolo è servito su un piatto e la portata è decisamente un “mare e monti”
di prim’ordine!
In una giornata così nitida come quella di oggi, sono davvero pazzeschi i dettagli più minuti distinguibili ad occhio nudo,
da quelli più vicini, come le sottostanti vie di Pietra e Borgio, a quelli più lontani quali la costa di Albenga e i contorni
della Gallinara.
Il sentiero intanto si trasforma in un tranquillo cammino a mezza costa, un balcone panoramico dal quale è impossibile
distrarsi.
Manca solo una ringhiera o un parapetto, magari muniti di cannocchiale, per sbizzarrirsi da est a ovest a far
volteggiare lo sguardo, cercando, perché no, anche il transito di qualche nave in alto mare.
Poco prima del panettone sommitale di Monte Grosso, il sentiero si stringe e diventa cosparso di grossi blocchi di
pietra e rocce.
Nulla di difficile, ma è un tratto molto vario, bello e che scuote un po’ il lento dondolio dell’ascesa a tornanti affrontata
poco fa.
Un ultimo sguardo al mare in quanto tra qualche minuto scomparirà alla vista.
Viste da qui, le borgate di Verezzi attorniate dal verde e le coltivazioni abbarbicate alla collina, sono davvero un
incanto e bisogna salire fin quassù per rendersene conto: dalla costa nessuno ci fa caso.
Bye bye mare, almeno per ora.
Sto per addentrarmi più all’interno e tra poco la macchia mi riavvolgerà con le sue spire naturali.
Prima però, un altro spettacolo si dipana a nord-ovest.
E’ il gruppo del Carmo, coi vicini Monti Ravinet e Bric Aguzzo.
Verso ovest è invece la propaggine di monti che si spinge fino al mare comprendente il Monte Croce e il Monte Acuto.
A metà strada, incollato ad una collina come in un presepe, c’è il paesino di Ranzi.

La traccia qua sopra è completamente in piano e zigzaga fra i vari arbusti.
Sono isolato e nel silenzio più totale.
Sembra strano pensare che proprio sotto ai miei piedi, parecchi metri più in basso, passa l’autostrada che attraversa
la montagna.
Continuando così, apparentemente nel nulla, giungo ad un grande spiazzo adibito ad area picnic.
C’è un capanno con un bel tavolo di legno, qualche panchina da lungomare, (decisamente fuori contesto) e una
fontanella per ricaricare la borraccia.
Questo posto, che appare dal nulla dalla fitta boscaglia, sembra un luogo di raduni, il centro di un grande labirinto
dove convergono tutti i sentieri.
Infatti, sono riuscito a contare almeno sei percorsi che qui confluiscono, anche se la maggior parte di essi
sono per MTB.
Che strada prendere con davanti tutte queste porte e in un luogo in cui non si vede l’orizzonte?
La risposta è semplice, sempre dritto per la traccia più grande.
Dopo qualche metro la “giungla” molla un po’ la presa e concede una magnifica cartolina verso Gorra, paese prossimo
a cui sono diretto.
Scorgo ogni singola casa, giardino, orto e il campanile con alle spalle, il muro imperioso della Rocca di Perti,
famoso complesso roccioso del finalese sul quale corrono numerose vie di arrampicata.
Per uno strano gioco della natura, tutto l’ambiente circostante è in ombra a causa delle nubi, mentre Gorra è
illuminato dal sole.
Che quadretto singolare!
Avanti, avanti, sempre avanti, ora in lieve discesa.
E riecco il tuffo tra gli intricatissimi e contorti fusti dei faggi.
Ma quanti sono? Non si vede più nulla, a parte il sentiero, ovviamente.
Ora, fino a questo momento non sapevo né mi ero mai interessato di sapere, cosa fosse un cane di tipo “B”.
Che c’entra, direte voi?
Beh, c’entra, perché proprio tra questi faggi trovo due cartelli azzurri con la seguente indicazione “campo
addestramento cani tipo B”.
Lo stupore cresce, così come le prime domande: e dove se qui non c’è nulla?
Scoprirò poi essere la categoria dei cani da caccia, dato che anche in queste zone la stessa viene praticata.
Mi soffermo a fotografare un’antica costruzione rurale, che si regge in piedi proprio perché qui in mezzo è difficilmente
raggiunta dal vento.
Chissà a cosa serviva e quanto può essere antica.
Senza accorgermene il sentiero si è allargato, prima un poco, poi sempre più, fino a trasformarsi in una bella
strada sterrata in discesa.

Stando alla mappa “fai da te” che mi sono stampato, dovrei essere vicino all’asfalto e alla prima grossa deviazione.
Nei pressi di un grosso ripetitore le indicazioni, mi portano ad una brusca svolta verso destra, lungo un bel vialetto
bordeggiato da pini e ulivi.
Sullo sfondo, i monti col Carmo da una parte e la Rocca di Perti prospiciente Gorra dall’altra, illuminata dal sole.
Dopo un’agevole camminata, nuovo bivio dove un cartello indica sulla sinistra la prosecuzione.
Altro lungo tratto in discesa, agevole e tra belle coltivazioni, ma sottotono in quanto a paesaggio, dato che
lentamente il percorso ad anello, in questa fase centrale, conduce verso il basso nella valletta solcata dal
Torrente Bottassano.
La strada si fa asfaltata e raggiunge un pugno di case sparse.
 Le indicazioni, le ultime che incontrerò del Sentiero delle Ramate, sono piccole e scritte su un foglietto plastificato,
nascoste tra i rami dei faggi.
Come dire… chi cerca trova.
Questa pista è una piccola avventura a sé, e mi porta ad attraversare il povero torrentello ridotto quasi al nulla,
se non a delle pozze di melma verdastra.
Più che un sentiero mi sembra un po’ una pista da mtb; tra cespugli, canneti, rovi, edere, faggi e ulivi tutti mischiati,
risalgo il versante opposto della valletta puntando in direzione di Gorra.
Da qui al paese non mi dilungo più nel descrivere ogni singola deviazione: sappiate che sono parecchie, tra faggi,
alta vegetazione, coltivazioni e terrazzamenti vari.

Con la cartina che qui propongo, non dovreste avere problemi ad orientarvi.
La cosa che mi colpisce di più in questa zona sono proprio gli alberi da frutto presenti in ciascuna proprietà privata,
in questa stagione carichissimi di agrumi.
Uno spettacolo!
E poi, cactus, ulivi, canneti, fiori e altre varietà che mi accompagnano ai lati del percorso, illuminandolo.
Tra le piante intravedo il campanile di Gorra, non manca molto.
Dopo un breve tratto ancora in salita, sbuco in via Borgio e oltrepasso una piccola e antica arcata in pietra, prima di
ritrovarmi nella piazzetta del paese ai piedi del campanile della chiesa (San Bartolomeo).
Fino ad ora dormiente, si sveglia il vento che all’interno dei caruggi del borgo e ulula come non mai.
Il mio cammino mi porta a percorre un breve tratto di asfalto in paese in direzione mare, per fortuna non molto trafficato.
In realtà via Bracciale è un “lungomonte” panoramico affacciato sia sulla conca di Finalborgo che sul loanese, con tanto
di ringhiere e parapetti ai quali soffermarsi per scrutare le vallate ai due lati.
Ad est, oltre alla Rocca di Perti, uno degli scogli rocciosi più imponenti e frequentati del finalese.
Mi colpiscono anche le rovine di Castel Gavone, arroccato sul crinale poco sopra Finalborgo, meta della traversata
Borgio – Finale.
Ad ovest da questo terrazzino la vista si spinge su Bardino Nuovo e, più in là, sul lungo crinale di monti comprendente
anche il Carmo.
L’opacità, se così vogliamo chiamarla, del tratto centrale di questo anello è ormai scomparsa per lasciare di nuovo
il posto ai protagonisti principali di queste camminate: il panorama e l’ambiente.
Anche le nuvole si sono diradate, il cielo ora è di un azzurrino celeste che lascia spazio ai raggi solari di illuminare
l’entroterra.
Dopo una specie di chicane, il cosiddetto “Sentiero degli Alpini” non è indicato.
Eccolo partire sulla sinistra, lato finalese, in corrispondenza di un muretto.
Unica indicazione: Fontana degli Alpini.
Intuisco di essere sulla via giusta.
In discesa, lungo un tratto un po’ angusto nella boscaglia sotto Gorra e dove i rampicanti hanno formato gigantesche
arcate naturali con grovigli assurdi, giungo a questa fontana, che altro non è che una vecchia fonte restaurata
dal Gruppo Alpini di Finale Ligure nel 1998.
L’area circostante è invero un grande spiazzo pic-nic, con tanto di tavolone, panchina e barbecue.
Un altro luogo dal sapore molto antico e caratteristico, disperso oggi nel nulla e poco segnalato, peccato!.

Qualche metro dopo la fontana il sentiero termina e si ricongiunge alla strada che da Finale, prima di Gorra,
tocca Località Fontana, un pugno di case isolate allocate su di un piccolo panettone montuoso.
Percorrendo un breve terrazzamento, rieccomi giungere sempre a Gorra, ma un po’ più avanti, di nuovo tra le case
e successivamente ai piedi del monticolo sormontato dalla Torre di Bastia.
Il sentiero largo e piuttosto ben tenuto, passa tra uliveti e piante varie regalando ancora grandiosi scorci sul finalese.
La salita ripida, larga, quindi strettissima e sconnessa che affronto, sbuca proprio sulla strada sterrata che collega Gorra
con la Chiesetta di San Martino Vescovo posta sopra le borgate di Verezzi.
Prima di continuare però, prendo di mira la Torre di Bastia.
La torre è ancora abbastanza integra ma l’abbandono e il degrado alla sua base sono uno schiaffo alla storia,
oltre al cartello di proprietà privata (?)
Andrebbe valorizzato il territorio e la nostra storia, dando risalto a un monumento simile, ripulendo l’area da piante
infestanti e macerie varie.
Invece nulla, un piccolo sentiero gli gira intorno, con i rampicanti che ormai stanno assalendo le mura restanti.
Ai piedi della torre si riconosce il perimetro di un altro piccolo edificio dal tetto sfondato, con una piccola porta e una
finestra dalla quale a fatica si scorge all’interno (peraltro sbarrato).
Il panorama da quassù dovrebbe essere un 360° con possibilità di spaziare dalla costa alle Alpi Liguri.
Invece, la giungla impedisce ogni visuale che invece sarà possibile lungo la via verso Verezzi.

Da qui in poi torna a comparire la segnaletica, con pochi riferimenti però per il Sentiero delle Ramate.
Si punta verso Verezzi e Borgio, in quello che, assieme al primo, risulta essere uno dei tratti più belli di questo giro.
La strada si mantiene sempre piuttosto larga e il cammino agevole.
All’inizio si salgono un paio di tornanti toccando con mano le rocce dell’Orera, per poi proseguire al centro di questa
montagna contornati da un’infinità di specie arboree.
Riecco il vento, che quassù fischia come non mai e letteralmente impatta con dei boati sulle parabole poste sul traliccio
di un grande ripetitore che mi accingo a superare.
Procedendo lentamente, un po’ su e giù, per questo crinale boscoso e roccioso, e dopo qualche svolta giungo alla
Croce dei Santi affacciata sulla conca di Borgio.
Da qui il panorama sulla costa e verso il mare è qualcosa di incredibile, e mi siedo a osservare le bellezze
paesaggistiche e le varie sfumature di colore del mare.
L’ambiente qui è meno selvaggio, ma ugualmente immerso in una natura esplosiva contornata da rocce carsiche
di ogni forma e dimensione.
Poco distante dalla croce, è l’antico Mulino Fenicio, oggi anch’esso in degrado, ma un tempo in fervida operosità.
Tale struttura, fatta a torre, aveva un tempo 8 finestre (oggi murate), nelle quali l’aria entrava e faceva muovere delle
grosse pale attaccate ad una pertica centrale, le quali azionavano la sottostante macina.
Data l’intensità del vento che caratterizza la costa per lunghi periodi dell’anno, si era capito che queste pale andavano
protette e non potevano essere sottoposte alla distruzione delle intemperie.
Come immaginabile, veniva prodotto grano di ottima qualità per gli insediamenti locali.
Speriamo che in futuro l’edificio venga più valorizzato di quanto lo sia oggi e costantemente mantenuto.
Ancora qualche passo a sud, per un bel sentiero roccioso, ed eccomi alla Chiesetta di San Martino Vescovo.
Questa chiesa, del 1625, sorge sulle rovine di una ancora più vecchia, Cà di Fratti e tutto ciò che di essa resta
al giorno d’oggi è l’edificio adibito a punto ristoro e il campanile.
Accanto alla chiesa è il Santuario di Maria Regina Mundi, del XII secolo che, come la prima presenta un interno
in stile barocco.
Il percorso mi conduce ad imboccare via da Ciappa che parte proprio sotto la chiesetta.
E’ un comodo sentiero di terra e pietre che taglia il versante ovest del promontorio di Gallinari e lentamente scende
in paese, offrendo qua e là, tra i rami delle piante, ammirevoli scorci panoramici.
Più in basso, mi imbatto in un grande antro naturale (poi solo parzialmente modificato dall’uomo per l’estrazione di
pietre), chiamato Grotta della Madonnina.
La bizzarria di forme e colori che ha assunto la roccia col tempo ha dell’incredibile.
Guardando bene l’ingresso della caverna più grande, si noterà facilmente la sua forma a serratura.
Dall’interno mi sento piccolissimo, invisibile.
Ancora una volta non manca una favolosa vista sul litorale e sulle borgate di Verezzi, puntini sparsi nel verde collinare.
Prima di giungere allo stradone più in basso che sale da Borgio, attraverso una grande lastra rocciosa presso la quale
un piccolo cartello indica “Le Macine”.
Cercando bene fuori sentiero (lato monte), mi imbatto in due di queste, ancora intonse, squadrate, o meglio,
arrotondate sul posto e inspiegabilmente lasciate lì.
Il sentiero termina confluendo sulla strada (via Nazario Sauro).
Da qui, mappa alla mano, risalgo qualche metro verso Piazza, dalla quale prenderò una delle vecchie mulattiere che
scendono verso Borgio.
Non prima però di girovagare senza meta per la borgata, tra viette e caruggi e soprattutto soffermandomi nella
famosa Piazza di S. Agostino dove ogni anno, dal 1967, va in scena il famoso festival teatrale, nonché immensa e
romantica balconata sul mare.
D’estate presa d’assalto e oggi deserta: questi sono i momenti migliori per vivere il territorio!
Per queste belle mulattiere acciottolate mi avvio verso Borgio e alla conclusione di questo lungo percorso.
Districarsi per le vie di Borgio non è difficile.
Destra e sinistra, svolta e contro svolta, mi ritrovo alla fine di nuovo allo stadio di Pietra, abbastanza stanco dopo tutti
questi chilometri ma estremamente appagato dell’esperienza e dei posti visitati.
La naturale conclusione di una visita molto approfondita di questo lembo di costa, da affrontarsi a mio avviso dopo
aver percorso tutti gli itinerari della rete sentieristica “Borgio Natura”.
Non ne resterete affatto delusi.

Relazione e fotografie di: Daniele Repossi

Campanile di San Bartolomeo


Note:
il Sentiero delle Ramate (percorso lungo), può essere definito un po’ “per duri e puri”, soprattutto nella sua parte
centrale, più sottotono rispetto a quella iniziale e finale, dove si attraversano zone isolate, nella fitta vegetazione e
prive di segnaletica.
Rimane un’esperienza di cammino notevole, soprattutto, come detto, all’inizio e alla fine del percorso dove si aprono
quadri e scenari panoramici da urlo.
Allo stato attuale sembra
un sentiero ancora alla ricerca della sua identità e in corso d’opera, nel quale purtroppo manca
una segnaletica univoca lungo tutto il percorso e, nelle zone più interne, si è un po’ abbandonati a sé stessi.
E’ pertanto necessaria esperienza di orientamento e attitudine a camminare nei boschi anche isolati.
Non c’è alcuna difficoltà tecnica, solo è consigliabile indossare pantaloni lunghi.
Non ci sono cartine topografiche dettagliate disponibili, pertanto il consiglio è quello di avere sotto mano quella qui
proposta, assieme almeno al box riguardo le note tecniche per orientarsi al meglio.